A WOMAN OF PARIS
Tit. it.: La donna di Parigi; Scen.: Charles Chaplin; F.: Roland Totheroh; M.: Charles Chaplin; Scgf: Arthur Stibolt; Int.: Edna Purviance (Marie St. Clair), Adolphe Menjou (Pierre Revel), Carl Miller (Jean), Lydia Knott (madre di Jean), Charles French (padre di Jean), Clarence Geldert (Paulette), Betty Morrissey (Fifi), Henry Bergman (capo cameriere), Harry Northrup (gagà), Nellie Bly Baker (massaggiatrice), Charles Chaplin (facchino); Prod.: Charles Chaplin 35mm. L.: 2216 m. D.: 89’ a 22 f/s. Bn.
Scheda Film
La partitura
Il dilemma posto dalla partitura del 1977 di A Woman of Paris è molto complesso, ed è stato per me fonte di numerosi dubbi. Per volontà della famiglia Chaplin, e del compositore stesso, l’obiettivo principale è sempre stato quello di restaurare le partiture di Chaplin nel modo più fedele (a me possibile) a come le aveva sentite Chaplin. Nel caso di Modern Times, ciò ha comportato 14 mesi di continuo e meticoloso lavoro, e altrettanti per City Lights e The Circus. Anche se per A Woman of Paris, il mio ottavo restauro per la famiglia Chaplin, l’obiettivo era il medesimo, è stato necessario valutare diverse ipotesi e prendere alcune libertà dopo averle attentamente ponderate, trattandosi di un restauro di tipo molto diverso.
Nel 1976, quando si stava preparando la riedizione di A Woman of Paris, la salute di Chaplin si era seriamente compromessa. Aveva avuto un ictus, e solo con grandi sforzi era riuscito a terminare il lavoro che gli si richiedeva. Così come per tutte le precedenti riedizioni, The Circus, The Kid, Sunnyside, Pay Day, The Idle Class, e A Day’s Pleasure, Chaplin aveva composto le musiche di tutti i film (con l’assistenza di Eric James). 226 minuti di musiche completamente orchestrate in 6 anni, composti quando Chaplin aveva un’età compresa tra 81 e 87 anni. Ma nel caso di A Woman of Paris, l’ultimo film a essere riedito, la salute di Chaplin era ormai seriamente deteriorata, e solo per merito di James e di altri collaboratori Chaplin poté firmare anche quest’ultima partitura, grazie a composizioni rimaste inutilizzate e all’abilità di James nell’emulare lo stile di Chaplin, con cui aveva avuto una stretta collaborazione musicale per 18 anni.
Il limite principale della partitura del 1977 è dovuto a un semplice dato di fatto: la mancanza di materiale. È lecito presumere che James, non volendo comporre una partitura che avrebbe poi dovuto firmare Chaplin, abbia utilizzato il limitato contributo del regista, allora ottantasettenne, per accompagnare tutti gli 82 minuti del film. Le composizioni inedite usate da James erano però state composte originariamente per delle commedie, ed era molto difficile riuscire ad adattarle a situazioni drammatiche. Inoltre, l’assistenza all’orchestrazione fornita da Eric Rogers, che forse non aveva troppa dimestichezza con la tecnica di Chaplin, si distaccò dalle linee stilistiche tipiche delle precedenti partiture dell’autore.
Tutti questi fattori, e altri ancora, contribuirono a dar vita a una partitura non del tutto convincente, e anche se decine di festival negli ultimi 30 anni hanno espresso il desiderio di inserire in programma A Woman of Paris, molti altri hanno avuto qualche dubbio. Tuttavia, come sempre, dobbiamo prestar fede a quell’arte assoluta che sono i film di Chaplin. È la sua musica o quella di nessun altro.
Era il 2003. L’Associazione Chaplin a Parigi aveva ritrovato e conservato una serie di straordinarie registrazioni casalinghe e in studio per un totale di 19 ore di musica. Risalenti al 1951, queste registrazioni contenevano le musiche che Chaplin componeva al piano e che poi consegnava ai suoi assistenti per la trascrizione musicale. Gran parte di esse erano state composte per Limelight (ma si sentono anche accenni ai temi portanti che in seguito avrebbe registrato per musicare The Kid, The Pilgrim e The Circus).
La musica che Chaplin compose in quel periodo, nel 1951, ritrae il giovane compositore al lavoro, e queste straordinarie registrazioni riflettono la stessa energia creativa e la vitalità che riescono sempre a trasmettere i suoi film. La quantità di materiale composto da Chaplin per Limelight fu tale che gran parte di esso venne escluso dal montaggio finale. Così come per Modern Times, The Great Dictator e Monsieur Verdoux, gli archivi di Montreux contengono una grande quantità di materiale scartato dalle musiche di Limelight. Stranamente, però, nessuna delle composizioni inutilizzate scritte per Limelight possiede una trascrizione su carta. Quindi, partendo dalle registrazioni originali, ho iniziato a trascrivere queste musiche “sconosciute”, fino a ottenere 14 composizioni complete e circa 20 incompiute o quasi completate.
Questa, forse, poteva essere l’unica soluzione. Musiche scritte quando Chaplin era ancora all’apice della sua abilità compositiva, musiche concepite per l’UNICO altro suo lungometraggio drammatico e mai sentite dal pubblico prima d’ora.
Così, in collaborazione con la famiglia Chaplin, ho iniziato cautamente a comporre una nuova partitura per A Woman of Paris, utilizzando sia le composizioni drammatiche inedite del 1951 che i temi musicali presenti in quella del 1977, ma inserendoli in modo stilisticamente più coerente con i trattamenti precedentemente composti da Chaplin. L’orchestrazione scelta ricalca fedelmente il modello già usato per City Lights: ottavino, oboe (cor anglais), 3 clarinetti, 3 sassofoni, fagotto, 2 corni, 3 trombe, 2 tromboni, tuba, percussioni, arpa, piano (celesta) e archi, senza il banjo ma con l’aggiunta di una fisarmonica (come in The Pilgrim).
Spero che questo esperimento possa essere un valido supporto per A Woman of Paris, che per anni non ha potuto avvalersi di un adeguato accompagnamento musicale. Chaplin forse non poteva prevedere le difficoltà legate a questa partitura, e mi auguro che il risultato sarebbe di suo gradimento se fosse con noi oggi. In fondo, è sempre stato questo l’obiettivo finale.
Timothy Brock