Un progetto coraggioso

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Pochi film hanno saputo imporsi nell’immaginario collettivo con tanta forza e profondità quanto il capolavoro di Charlie Chaplin Il grande dittatore; un’opera che, attaverso un uso dissacrante della parodia, ha saputo analizzare, con grande lucidità, una delle pagine più tragiche della Storia. Chaplin, regista e protagonista del film, utilizza la figura del “doppio” per dare vita a una situazione paradossale, in cui attraverso il sovvertimento dei ruoli e la rottura dell’ordine costituito, colui che è vittima del sistema acquista improvvisamente potere mentre il grande dittatore di cui è sosia, viene arrestato e imprigionato. Siamo nel 1940 e il grande dittatore e il suo sostituto hanno le fattezze di Adolf Hitler.

Il grande dittatore è a tutti gli effetti una ‘dichiarazione di guerra’ al dittatore tedesco (e a tutte le dittature) attraverso il grande schermo, nonché uno dei più grandi capolavori pacifisti del cinema mondiale.

Nonostante Chaplin fosse perfettamente cosciente di quanto ardita fosse l’impresa di girare il film, decise ugualmente di portare avanti la lavorazione ignorando le crescenti pressioni da parte dei governi di mezzo mondo e della sua stessa casa di produzione che riteneva impossibile l’eventuale uscita in sala.

Pronto ad investire i propri soldi nel progetto e a sfruttare canali di distribuzione indipendenti se fosse stato necessario, il regista diede avvio alle riprese il 9 settembre 1939, otto giorni dopo lo scoppio del secondo conflitto mondiale.

“Se avessi conosciuto gli orrori dei campi di concentramento tedeschi non avrei potuto fare Il Dittatore; non avrei certo potuto prendermi gioco della follia omicida dei nazisti. Ma ero ben deciso a mettere in ridicolo le loro mistiche scemenze sulla purezza del sangue e della razza” – scrisse Chaplin in seguito nella propria autobiografia. 

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