CINEMALIBERO

Curated by Cecilia Cenciarelli

Il perimetro geografico tracciato dai quattordici film in programma quest’anno – di cui otto restauri in anteprima – si estende dall’Africa occidentale (Senegal, Burkina Faso, Costa d’Avorio) al Medio Oriente (Libano, Siria, Iran) delineando uno spazio complesso e disomogeneo in cui non mancano intenzioni cinematografiche e ideologiche comuni. Il primo dei tre ideali sottocapitoli guarda al cinema panarabo che prende vita dalle ceneri della guerra dei sei giorni trainato da una nuova leva di autori militanti (siriani, iracheni, egiziani, libanesi) dalla forte personalità artistica. Molti di loro si stabiliscono a Damasco, dove trovano condizioni produttive favorevoli grazie al National Film Office. Tra questi l’egiziano Tewfik Saleh che con Al-Makhdu’un – magistrale adattamento da una novella del grande Ghassan Kanafani – porta in scena l’ingannevole utopia, dolorosamente attuale, di un viaggio verso la terra promessa. Il trasferimento forzato di un bambino dalla città natale Quneitra a Damasco nei turbolenti anni Cinquanta è alla base dell’autobiografico Alham al-Medina con cui Muhammad Malas inaugura una fase più intimista del cinema siriano. Si esprime attraverso un cinema invece prevalentemente documentario la generazione di registi che emerge dall’esperienza della guerra civile libanese e che ci mostra senza attenuanti il suo popolo dilaniato, i suoi orfani reclutati tra le fila dei combattenti, le rovine delle sue città sfigurate. Les Femmes palestiniennes, cortometraggio censurato di Jocelyne Saab e Layla wa zi’ab di Heiny Srour, illuminano con due linguaggi agli antipodi il ruolo delle donne nella storia della resistenza. Se in quest’ultimo, la protagonista compie un viaggio attraverso sessant’anni di storia della Palestina, Ousmane Sembène – fulcro, nell’anno del suo centenario, della sottosezione – condensa con Ceddo due secoli di storia in un giorno e mezzo. Qui declina gli orrori del colonialismo del Ventesimo secolo raccontando la penetrazione religiosa e politica dell’Islam in una comunità africana del XVI. Lo vedremo proprio sul set di Ceddo in uno dei preziosi cinegiornali che documentano i primi passi del Senegal libero. Tra le tante declinazioni dell’esilio c’è anche l’esodo autoimposto dei contadini del Sahel in Yam Daabo, esordio luminoso di Idrissa Ouédraogo, che rifiutati gli aiuti internazionali partono alla ricerca di altre terre. Fanno da controcampo all’alienazione dei giovani ivoriani dislocati a Parigi a cui dà voce Desiré Ecaré e a quella dello studente nigeriano a San Francisco in Bushman di David Schickele, opera di denuncia corrosiva, struggente e poetica.
Spetta a Bahram Beyzaie, maestro invisibile del nuovo cinema iraniano, chiudere Cinemalibero: nella forza premonitrice di Gharibeh va meh e Cherike-ye Tara si agitano gli incubi della società iraniana a un passo dalla rivoluzione e le lotte delle donne iraniane di oggi.
Questo programma non sarebbe stato possibile senza il generoso aiuto di Mohamed Challouf.

Cecilia Cenciarelli

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