‘The last merchants of Venice’, la storia della famiglia Stucky
Proiettato domenica 24 giugno all’Auditorium DAMSLab Les Stuky, une fortune à Venise, il documentario dedicato agli “ultimi dogi di Venezia”. Ad introdurre l’opera Gian Luca Farinelli, i due registi Emiland Guillerme e François Rabaté e Lavinia Cavalletti, discendente della famiglia Stucky e autrice del libro La dinastia Stucky 1841 – 1941. Storia del Molino di Venezia e della famiglia, da Manin a Mussolini.
Proprio dalle parole di Lavinia Cavalletti emergono i tratti principali e le ragioni che hanno caratterizzato il recupero della storia degli Stucky. C’è la volontà di tramandare il racconto, di confutare le falsità dette in merito e di far luce su una dinastia che ha vissuto le sue fasi di ascesa e declino a braccetto con le evoluzioni – talvolta tragiche – della storia italiana del tempo.
E questo è esattamente quello che si vedrà all’interno del documentario. Una ricostruzione sapiente che ha affondato le mani in un bacino di fonti immenso e variegato: sono centinaia le fotografie utilizzate e preziosissimi i filmati amatoriali ritrovati capaci di catturare, inesorabilmente, l’interesse dei cinefili hardcore. Girati da Giancarlo Stucky a partire dal 1900, nel formato insolito dei 15mm, con una Pocket Chrono – primissima cinepresa della Gaumont – riescono a restituire allo spettatore le atmosfere ammalianti di una Venezia lontana che ha ancora tanto da dirci.
Ci sono scene di vita quotidiana, di serenità domestica: ci sono i cuginetti di Giancarlo che giocano nel giardino di Villa Stucky, che corrono e con sguardi ora fugaci, ora estremamente coinvolti, provano a guardare negli occhi quel mostro sconosciuto che è la Pocket Chrono. Ma le vicende di Giancarlo, terzo nella discendenza, affascinato da arte e fotografia, e forse il meno avvezzo al mondo degli affari, non sono che l’ultimo atto della tragedia che Guillerme e Rabaté vanno a mettere in scena.
Una tragedia vagamente shakespeariana in cui gli eventi negativi si realizzano a volte nel più rocambolesco dei modi e dispongono la narrazione su una discesa sempre più ripida e buia.
Hans, Giovanni e Giancarlo. Nonno, padre e figlio. Sono i protagonisti di una storia di rapida ascesa sociale squisitamente ottocentesca. Squisitamente romantica. Da semplici artigiani sono diventati la famiglia più ricca e influente di Venezia passando per i moti del ’48, l’esplosione del sogno anarchico, l’ondata di scioperi e la conseguente ondata di camicie nere. Tutti eventi che entrano di prepotenza nella storia degli Stucky: dall’assassinio di Giovanni per mano dell’anarchico Giovanni Bruniera, al fallimento veicolato dai raggiri e dai giochi di potere dell’industria fascista.
Il Molino degli Stucky che dava lavoro a millecinquecento operai oggi è diventato l’Hilton Molino Stucky Venice, in perfetta sintonia con le esigenze voraci del capitalismo. Ma, per citare il regista François Rabaté, nella storia della dinastia Stucky è insita una «dramaturgie naturel» che sa naturalmente travolgere e appassionare lo spettatore.
Orazio Francesco Lella
Nella gallery alcune foto dell’evento