William K. Howard: Alla riscoperta di un maestro dello stile

Programma e note a cura di Dave Kehr
in collaborazione con The Museum of Modern Art, New York

 

Giurista di formazione, William K. Howard entrò nell’industria cinematografica come responsabile delle vendite per la Vitagraph e divenne presto uno dei registi più prolifici degli anni Venti girando film d’azione (Let’s Go, 1923), western (La valanga selvaggia, 1925), drammi (Gigolo, 1926) e offrendo una sorprendente anticipazione del neorealismo con White Gold del 1927. L’avvento del sonoro non compromise la creatività irrequieta di Howard (il direttore della fotografia James Wong Howe, che nel 1931 collaborò con lui ai brillanti effetti di profondità di campo in Transatlantico, lo descrisse come il regista più creativo con cui avesse mai lavorato), come dimostrano Potenza e gloria, spesso citato per l’influenza che esercitò su Quarto potere, l’epico dramma storico Elisabetta d’Inghilterra (1937) e la profonda intensità emotiva di Back Door to Heaven (1939), produzione indipendente realizzata a New York. Negli anni Quaranta, tuttavia, la carriera di Howard risentì dei problemi di alcolismo e del carattere turbolento del regista, che morì praticamente dimenticato nel 1954 a sessant’anni.
L’utilizzo sistematico di un’illuminazione sottoesposta, di geometrie di ombre e di audaci effetti in controluce rende l’opera di Howard immediatamente riconoscibile. Quando, alla fine della sua carriera, girò A Guy Could Change per la Republic Pictures, il direttore della fotografia John Alton, maestro del noir, non aveva nulla da aggiungere alla gamma di effetti cara al regista fin dagli anni Venti. Il finissimo senso dello spazio di Howard è definito dall’uso innovativo di set interconnessi: stanze che si affacciano su altre stanze e su vedute esterne, creando la sensazione di un mondo tutto contenuto e non propriamente naturale che però possiede una profondità e un volume tali da spezzare i confini della mera teatralità. Soffitti bassi e pavimenti inclinati accentuano la sensazione di una compartimentazione che può imprigionare ma anche proteggere. La nave di Transatlantico con il suo labirinto di cabine e scale è forse lo spazio narrativo più complesso concepito dal regista.
La raffinatezza stilistica e la modernità urbana di Howard si accompagnano alla nostalgia struggente di un passato rurale strettamente associato all’infanzia. Il che non significa che i protagonisti di Howard siano gente di campagna: il regista sembra più in sintonia con gli interpreti raffinati e lievemente ironici come Edmund Lowe, con cui realizzò sei film. I personaggi più tragici e toccanti di Howard non sono colpevoli di grandi trasgressioni ma hanno semplicemente perso la rotta a causa delle circostanze, della sfortuna o di un malriposto senso del dovere. “È andata così, e questo è quanto”, dice il narratore (Ralph Morgan) di Potenza e gloria spiegando come un ragazzo di provincia possa essersi trasformato in uno spietato magnate delle ferrovie.

Dave Kehr

 

Foto: The Power and the Glory di William K. Howard (1933)