Un cinema di piccoli gesti. Derek Jarman: Super 8mm. 1970-1985

Forma: le ragioni del Super8 e come il mezzo impone la forma – per esempio, sonoro non narrativo ricostruito a posteriori, la «qualità» dell’immagine, la tavolozza limitata del 16mm, 35mm.


Concetti vari: il cinema del rumore, un film che non s’impone al pubblico, permette alla mente d’interrogarsi e di trarre le proprie conclusioni

recuperando piccoli gesti


la passione che fa girare la testa

trasformando un paesaggio


filmando al ritmo del cuore che batte […]

Note per Psychic Billy’s Angelic Conversation. Papers of Derek Jarman, citato nella biografia Derek Jarman di Tony Peake

Derek Jarman (1942-1994), uno dei più importanti artisti inglesi – pittore, designer, scrittore, attivista gay, giardiniere – iniziò a realizzare film intorno al 1970: si trattava di «home movie» in Super8, come li definiva lui. «Quelli furono per Jarman anni fondamentali di apprendimento del mestiere, di sperimentazione di concetti visivi e di sviluppo di uno stile e di una sensibilità personali. È interessante notare che la gamma di approcci e variazioni che avrebbero caratterizzato i suoi film successivi sono già evidenti nelle sue prime opere.» (Michael O’Pray, Derek Jarman. Dreams of England, London, bfi, 1996). I film di questo periodo sono testimonianze della sua vita personale e dell’ambiente a lui vicino, ma anche tentativi di creare un cinema non-narrativo e sperimentale. Prima di passare dalla sfera «privata» a quella pubblica – intorno al 1975 – Jarman mostrava questi film soprattutto agli amici. Evidente è la sua influenza su giovani filmmaker come John Maybury, Michael Kostiff, Cerith Wyn Evans, Anna Thew e altri che, in particolare attraverso le loro opere in Super8, si distaccarono dall’avanguardia ufficiale inglese della fine degli anni ‘70.

I lungometraggi che Jarman realizzò negli anni successivi – Sebastiane, Jubilee, The Tempest – sono tutti fortemente influenzati dalle sue opere in Super8, fino ad arrivare a The Garden del 1990. «Un’importante corrente artistica che si era affermata all’inizio degli anni ‘80 consisteva nella rilettura, e nella conseguente rigenerazione e ramificazione, delle opere in Super8 di Jarman. In un’intervista del 1985 egli dichiara: ‘Il lungometraggio era un tentativo di conciliare [il mondo del Super8] con quello più formale della produzione cinematografica ufficiale. Quando The Tempest fu terminato, pensai che forse avrei potuto continuare a fare film più importanti pur mantenendo in qualche modo i miei contenuti e il mio stile […]. Ma la cosa si rivelò impossibile, visto che non volevo fare quel che fa la maggioranza delle persone, cioè adattare un soggetto in modo commerciale. A quel punto avrei benissimo potuto farlo… Ma in un certo senso era troppo tardi. […] Non potevo andare da nessuna parte. In questo paese non ci sono finanziamenti costanti per i lungometraggi minori. E l’elemento gay rendeva tutto ancora più difficile. […] Così sono ritornato al Super8 e finalmente l’anno scorso ho trovato il coraggio di esprimere le mie convinzioni, di dire: bene, questo tipo di cinema, il mio particolare tipo di cinema, è realmente il mio cinema’.» (Peake, p.325) La sua collaborazione con James Mackay, iniziata alla fine degli anni ‘70, fu determinante nella carriera cinematografica di Jarman. Stando alle sue parole, «Mackay fu il più fedele a un’idea di cinema fra tutti i produttori con cui Jarman lavorò». (Peake)

James Mackay non solo trovò il modo di mostrare i suoi film sperimentali «minori», che tendevano a rimanere emarginati, ma insieme a Jarman sviluppò sorprendenti e innovative tecnologie, passando dal formato Super8 al video, ma anche al 16mm e al 35mm, raggiungendo in questo modo un pubblico cinematografico più ampio anche attraverso i festival internazionali. Come si può vedere in Angelic Conversation, opera poetica e complessa, non era tanto il formato maggiore, quanto soprattutto il procedimento applicato a produrre una nuova e affascinante estetica.
 Questo programma è stato composto per mostrare i molteplici e specifici aspetti dell’opera in Super8 di Derek Jarman. La presentazione dei suoi film in formato Betacam SP, in 16mm e in copie tratte dai materiali originali permetterà al pubblico di confrontare le varie possibilità di presentazione e di discutere dei particolarissimi problemi relativi alla conservazione e al restauro dei film in Super8. Un ringraziamento a James Mackay, Tony Peake e Heide Schlüpmann per la loro collaborazione.

Karola Gramann

 

The Derek Jarman S8mm Film Archive


Poco prima della sua morte, Derek Jarman mi affidò il suo archivio di film in Super8. L’archivio include tutte le opere in Super8 che Jarman ha realizzato fra il 1970 e il 1983, per un totale di circa 60 titoli da lui personalmente girati e montati. Vi sono inoltre 12 rulli di materiale di compilazione (It Happened by Chance, rulli I-XII) e altri vari frammenti. Per tutti gli anni ‘70, il Super8 è stato il principale mezzo utilizzato da Jarman. L’archivio, costituito dagli originali su pellicola invertibile, è intatto e in buone condizioni.
Verso la fine degli anni ‘70, Jarman smise quasi del tutto di proiettare i suoi film in Super8, pienamente consapevole della loro fragilità. All’inizio degli anni ‘80, sostituì alcuni titoli con copie video, riversandoli in una serie di 3 nastri di un’ora ciascuno, realizzati in occasione di una retrospettiva sulla sua opera tenutasi presso l’ICA di Londra. Circa nello stesso periodo, Michael O’Pray e The Film Umbrella fecero realizzare copie Super8 di alcuni dei suoi film girati in Inghilterra e negli Stati Uniti (anche queste copie, insieme ai master dei video, fanno parte dell’archivio). Questi ultimi finirono poi per diventare i titoli citati in tutte le filmografie, mentre le altre opere furono quasi dimenticate. Nella sua biografia (Derek Jarman, London, Little, Brown and Company, 1999) Tony Peak indica chiaramente l’epoca di realizzazione di ogni opera.
 Negli ultimi 18 anni sono riuscito a far realizzare i negativi in 16mm di sette film facenti parte dell’archivio. Le copie positive in 16mm di quattro di essi (realizzate nel 1982 grazie al contributo del Freunde der Deutschen Kinemathek di Berlino) sono depositate presso il National Film & TV Archive. Le copie positive in 16mm degli altri tre titoli fanno invece parte delle collezioni del Centre Georges Pompidou di Parigi (che ne ha commissionato la realizzazione) e del Pacific Film Archive. L’archivio dei film di Derek Jarman è una collezione straordinaria e, a detta dello stesso autore, contiene alcune delle sue opere migliori. Per questo programma sono state realizzate copie video di alta qualità (BetaSP PAL 625) dei titoli che presenteremo.
 Derek Jarman proiettava i suoi film utilizzando un proiettore Bolex a velocità variabile (18, 12, 9, 6 e 3 fotogrammi al secondo). In realtà possedeva due di questi proiettori, di cui si servì per creare le sovrimpressioni «ottiche» e gli effetti di alcuni film, tra cui In the Shadow of the Sun e Waiting for Waiting for Godot. Per alcuni film è indicata una velocità di proiezione ben precisa, per altri risulta relativamente chiaro a quale velocità vadano proiettati, anche se spesso è questione di tentativi. Nel realizzare copie video di questi film, la cosa si fa più complicata visti i costi relativamente alti delle attrezzature necessarie a produrre variazioni di velocità.


James Mackay

Tutte le opere, dove non indicato diversamente, sono filmate e montate da Derek Jarman.