PIETRO GERMI, TESTIMONE SCOMODO

A cura di Emiliano Morreale

Molti dei film di Pietro Germi sono stati successi internazionali e vengono considerati classici del cinema italiano. Divorzio all’italiana ebbe tre nomination all’Oscar e ottenne quello per la migliore sceneggiatura originale. A Cannes, dove fu in concorso sette volte, Germi vinse la Palma d’Oro con Signore e signori e il premio per il miglior attore (Saro Urzì) con Sedotta e abbandonata. In nome della legge fu uno dei pochi veri successi di pubblico del cinema neorealista. Eppure, il prestigio del regista ha conosciuto alti e bassi e antipatie di lunga durata. Forse anche per la sua collocazione ideologica (estraneo alla divisione tra cattolici e comunisti, simpatizzante per il minuscolo Partito Socialdemocratico Italiano), forse per i suoi modi burberi, e sicuramente per i suoi ultimi titoli, stanchi e pieni di malanimo per la società che cambiava.
I film di Germi hanno spesso innescato polemiche e discorsi pubblici, sono incappati nella censura (Gioventù perduta) o hanno addirittura causato dibattiti parlamentari (In nome della legge), sono stati ferocemente attaccati da destra e da sinistra e sono intervenuti sugli aspetti più arretrati della legislazione italiana (il delitto d’onore, il matrimonio riparatore). Eppure il cinema di Germi regge alla lunga distanza, nonostante non sia mai stato un regista per cinefili, soprattutto per la forza e la raffinatezza della regia. Germi è un autore ‘all’americana’ che consapevolmente sceglie il genere come mezzo di comunicazione con il pubblico.
Dai due primi film che sono veri noir neorealisti a due ‘western italiani’ come In nome della legge (primo film in cui si parla della mafia) e Il brigante di Tacca del Lupo, Germi arriverà ad alcuni degli esempi più felici della commedia all’italiana. Tra questi due fuochi della sua carriera, realizza fra l’altro il gangster movie La città si difende e il poliziesco d’indagine Un maledetto imbroglio (tratto da un romanzo come Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, apparentemente intraducibile sullo schermo) e un paio di melodrammi al maschile che interpreta lui stesso, Il ferroviere e L’uomo di paglia: due ritratti patetici di maschi d’altri tempi. E attraversando i generi riesce a incarnare una coerente visione della società e dell’uomo, a volte in modo grottesco, a volte disincantato, mai cinico.
Non stupisce che Germi, autore perfezionista, attentissimo non solo ai copioni e alla direzione d’attori (nella quale, attore lui stesso, eccelleva) ma anche allo stile registico, sia amatissimo dai colleghi registi, non solo italiani ma anche stranieri, da Martin Scorsese a Wes Anderson.

Emiliano Morreale

Programma