Performing Passions: Sarah Bernhardt and the Silent Screen

Sarah Bernhardt nacque il 22 ottobre 1844 e morì il 26 marzo 1923. Dopo il suo esordio cinematografico del 1900 con un breve duello di scherma in Amleto, l’attrice proseguì realizzando film più lunghi di diversi generi: rappresentazioni storiche, documentari, film d’attualità e di propaganda. L’immagine che ci ha tramandato la storia del cinema di questa attrice e del cinema teatrale – quella di un’anacronistica artista francese che portò erroneamente il teatro vero e proprio al cinema – è confutata dalla eterogeneità e dalla varietà dei materiali a nostra disposizione. Trattandosi della prima retrospettiva pubblica dei film di Sarah Bernhardt mi preme sottolineare l’originalità di quello che vedremo.

Come molti storici che si occupano di cinema muto, sono ovviamente consapevole del fatto che molti materiali siano andati perduti. Non è dunque possibile affermare che si tratti di una retrospettiva completa dei film della Bernhardt, né escludere che nuovi frammenti o pellicole possano, prima o poi, venire alla luce. Non siamo stati in grado di rintracciare due dei film storici della Bernhardt (La Tosca, 1908, di André Calmettes, e Adrienne Lecouvreur, uscito con il titolo americano An Actress’s Romance, 1913, di Louis Mercanton e Henri Desfontaines, entrambi prodotti dalla Film d’Art), né il suo ultimo film, La Voyante (The Fortune Teller, 1923, Films Abdoré, di Leon Abrams). Recentemente è stata ritrovata la scena finale di Daniel (Pathé Gazette, 1921) e sappiamo che Sarah Bernhardt prese parte a un altro film oggi perduto, It Happened in Paris (Tyrad Pictures, 1919). A queste ellissi vanno aggiunti i numerosi cortometraggi d’attualità prodotti da compagnie come la Pathé e la Gaumont, e la sua breve apparizione in Ceux de chez nous (1915) di Sacha Guitry. Ma invece di concentrarci su ciò che manca in questo programma, o che abbiamo considerato troppo periferico per essere incluso, vorrei sottolineare come i film presentati ci permettano di comprendere e apprezzare meglio sia Sarah Bernhardt che il cinema muto. Attrice tra le più celebrate della sua generazione – e senz’altro la più nota – la Bernhardt fu al contempo acclamata e criticata. Oggi gode di una ritrovata popolarità ed è oggetto di studi e mostre. La cosa più sorprendente di questo recente, frenetico interesse per la Bernhardt è il modo in cui i suoi film vengono spesso ignorati. Esclusi da ogni considerazione sulle avanguardie, sul femminismo e sulla modernità, i suoi lavori vengono presentati (quando ciò avviene) come documenti teatrali che forniscono una prova visiva della recitazione della Bernhardt sul palcoscenico. Con questo programma spero di dimostrare i limiti di tale interpretazione. Certo, vedendo la Bernhardt sullo schermo è facile restare impressionati dalla sua recitazione, ma credo che i suoi film ci permettano di individuare altre sue prerogative, anch’esse straordinariamente “moderne”. Al cinema, la Bernhardt spinse in avanti i confini dell’arte, introducendo il tema della differenza culturale in seno al dibattito nazionale, abbattendo la distinzione tra vita pubblica e privata ed enfatizzando con la mimica e l’abbigliamento l’artificio e la modalità di rappresentazione del genere sessuale. Inoltre, la Bernhardt incarnò fisicamente le sfide e i cambiamenti introdotti dall’Art Nouveau. Vorrei insistere su questo ultimo punto, poiché richiama altri programmi di cinema muto presentati in questa edizione del festival. Si potrebbe infatti affermare che i film della Bernhardt “appartengano” ad uno spazio collocabile tra le danze sinuose di Loïe Fuller e il formalismo astratto di Germaine Dulac. Rappresentando fisicamente i viticci avvolgenti e le curve dell’Art Nouveau e facendolo in modo coerente con i nuovi ritmi del cinema narrativo, la Bernhardt ci ricorda che l’avanguardia – e in particolare quella femminista e modernista – non rinunciò necessariamente a trattare la forma femminile per limitarsi all’astrazione formale.

Victoria Duckett