Napoletano a Cinecittà, Eduardo De Filippo cineasta

Programma a cura di Emiliano Morreale
in collaborazione con Università degli Studi di Napoli Federico II

Eduardo De Filippo è uno dei pilastri del teatro europeo del Novecento, non solo italiano: erede della grande tradizione partenopea (era figlio di Eduardo Scarpetta, il più celebre rappresentante del teatro napoletano della sua epoca), l’ha saputa innovare portandola a confronto con i temi e le forme novecentesche, a cominciare da Pirandello. Il suo incontro col cinema si è svolto soprattutto in due tempi. Dapprima alla vigilia e nei primi anni della Seconda guerra mondiale, e poi dal dopoguerra alla metà degli anni Cinquanta: ed è in questa seconda fase che, come regista, l’incontro ha gli esiti più felici. In mezzo, tra il ’45 e il ’48, c’è l’esplosione dei suoi capolavori teatrali: Napoli milionaria, Questi fantasmi, Filumena Marturano, Le voci di dentro. C’è la rottura col fratello Peppino, e la ricerca di soldi per il suo progetto del Teatro San Ferdinando. Il cinema gli serve per guadagnare, ma diventa un terreno di sperimentazione. Comincia realizzando una memorabile versione cinematografica di Napoli milionaria, in studio, che è già una riflessione sul neorealismo in crisi. Dal ’51 al ’53, in pratica, lascia il teatro per il cinema: ma, a parte gli adattamenti di sue commedie, è in alcuni titoli ideati appositamente per il grande schermo che Eduardo indica strade originali, precorrendo la futura commedia all’italiana (Ragazze da marito e soprattutto Napoletani a Milano) o inventando una commedia nera originale (Marito e moglie), di una ferocia senza paragoni.
Non c’è nulla di teatrale, in questi film di De Filippo: c’è un uso inventivo della macchina da presa, un ritmo arioso o concentrato, un tono feroce più accentuato che nei lavori per il palcoscenico. È questo, secondo gli studiosi, il culmine della sua stagione più acre, prima del ritorno a teatro nel ’54 nei panni di Pulcinella, in una fase più riconciliata. Ed è una breve stagione in cui il regista sembra indicare strade nuove poco seguite, o seguite successivamente, dal nostro cinema. Un piccolo patrimonio da recuperare. In seguito, si proverà in operazioni eccentriche e non sempre riuscite (una specie di Fellini apocrifo, Fortunella, una commedia pop onirica, Spara forte, più forte… non capisco), ma troverà un nuovo terreno congeniale con la televisione. Lì rimetterà in scena le sue opere trovando un nuovo pubblico nazionale, ma anche inventandosi uno stile personale adatto al nuovo mezzo.
Straordinario uomo di palcoscenico, Eduardo non ha avuto molta fortuna sullo schermo (diversamente dai fratelli Peppino e Titina, che offrirono interpretazioni memorabili in numerosi film, soprattutto comici). Il suo stile di recitazione era difficilmente esportabile al cinema, diversamente da quello dei fratelli. Ma l’eredità del suo teatro nel cinema italiano è stata enorme: Pasolini e Carmelo Bene lo avrebbero voluto in loro progetti, Fellini sognava di affidargli la parte di Trimalcione nel Satyricon, e in fondo, ogni volta che in un film italiano una famiglia si mette a tavola (da Amarcord a Reality di Garrone) c’è sempre un pizzico di Eduardo.

Emiliano Morreale

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