L’ULTIMISSIMA RISATA: COMMEDIE TEDESCHE DELL’ESILIO, 1933-1937

A cura di Lukas Foerster

L’ultimissima risata presenta cinque commedie musicali in lingua tedesca prodotte tra il 1934 e il 1936 in Austria, Ungheria e Cecoslovacchia. Nessuno di questi film, che giovarono della collaborazione di molti talenti ebraico-tedeschi fuggiti dopo la presa del potere da parte di Hitler, fu proiettato in Germania prima della fine della Seconda guerra mondiale.
La storia del cinema tedesco dell’esilio dopo il 1933 è complessa e consiste di centinaia di film prodotti in tutto il mondo. In continuità con il programma dello scorso anno, dedicato alle commedie musicali della tarda Repubblica di Weimar, la selezione di quest’anno s’incentra su un aspetto particolarmente ricco di tale storia: i tentativi degli esuli di creare un altro tipo di cinema in lingua tedesca negli studi di Vienna, Budapest e (in misura minore) Praga, parallelamente e in opposizione al nascente cinema della Germania nazista. Ancora una volta l’arma d’elezione si rivelò essere un particolare tipo di commedia musicale ebraico-tedesca.
Per molti Vienna e Budapest furono le logiche prime destinazioni, dato che spesso non rappresentavano solo una prima fase dell’esilio ma anche un (temporaneo) ritorno a casa. Il boom dell’industria cinematografica della Repubblica di Weimar aveva attirato a Berlino un gran numero di artisti e lavoratori del cinema austriaci e ungheresi. Questi, tornati nei loro paesi d’origine, ripresero da dove avevano interrotto mettendosi a scrivere, produrre, dirigere e interpretare una serie di gioiose commedie piene di melodie orecchiabili, di storie d’amore spensierate, di maldestri maneggioni… e, a tratti, di una malinconia che rifletteva la precarietà del futuro e il senso di sradicamento.
La selezione mette in particolare evidenza il lavoro di  tre donne. Gitta Alpár, suprema diva ebrea dell’operetta, splende in Ball im Savoy; l’incomparabile Rosy Barsony è un uragano di comicità slapstick in Salto in die Seligkeit; e la più grande star dei primi anni del cinema tedesco dell’esilio, Franziska Gaal, originaria di Budapest, incanta il pubblico con una serie di commedie spiritose, vivaci e sommamente musicali come Peter (1934), film di successo che sfida le convenzioni di genere.
Il cinema degli esuli tedeschi a Vienna e a Budapest aveva però i giorni contati. Dato che vi collaboravano talenti di origine ebraica, quasi tutti i film dell’esilio furono tagliati fuori dal redditizio mercato tedesco. Inoltre, il clima politico stava cambiando anche fuori della Germania, in particolare a Vienna, con crescenti pressioni sulle case di produzione affinché seguissero l’esempio del cinema nazista e ‘arianizzassero’ l’industria cinematografica. Tuttavia, quasi fino all’Anschluss, gli esuli e i loro collaboratori austriaci e ungheresi tennero viva la visione di un altro tipo di cinema tedesco, un cinema meno raffinato ma molto più libero, irriverente e avventuroso di quello che dominava gli schermi nazisti.

Lukas Foerster