Lettere da Chris Marker
È estremamente appropriato cominciare con le parole di un vecchio amico, Alain Resnais (con il quale Chris Marker realizzò la vigorosa denuncia dell’oscenità colonialista, Les Statues meurent aussi, e collaborò a Nuit et brouillard più di quanto si sappia): “Chris Marker è il prototipo dell’uomo del Ventunesimo secolo. È riuscito a conseguire una sintesi di tutti gli appetiti e i doveri senza sacrificare mai gli uni agli altri. D’altronde circola una teoria non priva di fondamento secondo la quale Marker sarebbe un extraterrestre. Ha l’aspetto di un umano, ma forse viene dal futuro o da un altro pianeta. […] Ci sono indizi bizzarri. Non conosce la malattia, non è sensibile al freddo, non sembra aver bisogno di dormire”.
Marker era anche notoriamente inafferrabile, ma solo quando doveva avere a che fare con gli aspetti più effimeri del cinema: era presente quando serviva. La nostra rassegna, che si concentra sui primi film, ne è una chiara dimostrazione.
La lunga carriera di cineasta di Chris Marker comprende tutte le declinazioni del genere ‘documentario’: saggi, film ritratto, collage, cinéma vérité, diari di viaggio, agitprop, fantascienza, opere personali e collettive, tutte in costante dialogo l’una con l’altra, spesso elevate all’alfa e all’omega di un genere che si rivela unico per forma, ispirazione e profondità sensoriale, come ne La Jétée o in Sans soleil, due dei suoi film più celebrati.
Poteva trattarsi di lungometraggi (come lo splendido Le Joli mai) o di film brevi e minimalisti. Marker paragonava la forma breve alla circolazione del sangue: se il cortometraggio muore si porta con sé anche cinema, svuotato della sfida e del dinamismo della forma breve. Le opere di Chris Marker sono profondamente diverse le une dalle altre. Filmava osservazioni, istanti sospesi, puri e semplici reportage, inquadrature casuali, complesse composizioni formali e momenti di spontaneità assoluta, la felicità e le terribili realtà sociali, la condizione dell’uomo nel mondo imperialista e le utopie del socialismo.
Scrisse magnifici commenti fuori campo, come quello di …à Valparaiso di Joris Ivens, al quale il testo di Marker dà il tocco finale.
Uomo di grande cultura, Marker usò il testo come nessun altro regista seppe fare, impiegando il linguaggio per creare qualcosa che nessun altro mezzo espressivo sarebbe riuscito ad accogliere: “Sono un saggista. […] Il cinema è un sistema che permette a Godard di essere un romanziere, a Gatti di fare teatro e a me di fare saggi”.
Il lungo viaggio comincia qui con Pechino, la Siberia, Gerusalemme, l’Avana (e continuerà con Tokyo, Santiago, Berlino, Bissau, Hanoi e via dicendo). È disseminato di umorismo, paradossi, contraddizioni, ironia e bei dialoghi come questo, tratto dal misconosciuto Description d’un combat:
– Perché sei venuto in Israele?
– Per dimenticare.
– Per dimenticare cosa?
– L’ho dimenticato.
È solo un momento di questa preziosa retrospettiva.
(Peter von Bagh)
Programma a cura di Peter von Bagh