Il Giappone parla! Il film della Shochiku
L’ultima delle tre sezioni della rassegna sui primi anni del cinema sonoro Giappone è dedicata alla Shochiku, allora come oggi una delle massime società di produzione giapponesi, che negli anni Trenta riunì molti dei più celebri registi e divi del paese. Fondata come società di produzione di spettacoli kabuki, la Shochiku esordì nella produzione cinematografica nel 1920, prefiggendosi di realizzare film di ‘stile occidentale’, come il fondamentale Rojo no reikon (Anime sulla strada, Minoru Murata, 1921). Ma verso la metà degli anni Venti registi come l’influente Yasujiro Shimazu si dedicarono a storie in tono minore sulla vita quotidiana, inaugurando la tradizione dello shomin-geki (film sulle vicende della piccola borghesia). Al momento del passaggio al sonoro queste due tradizioni si erano ormai fuse. Negli studi Shochiku di Kamata, registi quali Shimazu, Shimizu e il giovane Naruse perfezionarono un elaborato stile visivo, il ‘modernismo di Kamata’, con il quale esploravano le tensioni di un paese lacerato dal contrasto fra tradizione e modernità, fra usi locali e influenze straniere.
Shiro Kido, direttore degli studi di Kamata, nel 1928 si recò a New York, dove vide il sistema photophone della RCA. Rientrato in Giappone assunse due tecnici, i fratelli Tsuchihashi, che attingendo dalle riviste specializzate occidentali progettarono il cosiddetto ‘sistema Tsuchihashi’, “pura tecnologia giapponese”. Con questo sistema la Shochiku produsse il primo film giapponese completamente sonoro, Madamu to nyobo (La vicina e la moglie, 1931) di Heinosuke Gosho. Come nel caso di altri studios giapponesi, la transizione al sonoro fu graduale. Nei primi anni Trenta la Shochiku continuò a produrre film muti, a volte con l’aggiunta di una colonna sonora post-sincronizzata, di effetti sonori e di commento benshi preregistrato. C’erano poi i film parzialmente parlati, che affiancarono per qualche tempo la produzione interamente sonora. Nel 1936 il regista più acclamato della Shochiku, Yasujiro Ozu, realizzò il suo primo film interamente parlato, Hitori musuko (Figlio unico): fu allora che il sonoro si impose. Anche per facilitare la conversione, la Shochiku si trasferì dalla sede di Kamata, situata nella rumorosa periferia di Tokyo, alla più tranquilla e rurale Ofuna. Questo cambiamento fu intrapreso anche dalle altre compagnie giapponesi, e nel 1936 le produzioni sonore prevalsero per la prima volta sui film muti. Quell’anno si presta dunque a essere la perfetta conclusione per questa rassegna sul primo cinema sonoro del Giappone.
I film prodotti dalla Shochiku durante il periodo di transizione hanno caratteristiche ben definite: molti registi degli studios semplificarono il loro stile orientandosi verso racconti realistici e una tecnica meno vistosa e più sobria. I primi sonori della Shochiku forniscono dunque una testimonianza unica della quotidianità e degli usi e costumi del primo Periodo Showa, nel quale i valori tradizionali e nazionalistici convivevano con una fragile modernità. Questi film contribuirono a rafforzare la tradizione realista che divenne centrale nell’arte cinematografica giapponese.
(Alexander Jacoby e Johan Nordström)
Programma a cura di Alexander Jacoby e Johan Nordström
In co-produzione con National Film Center – The National Museum of Modern Art, Tokyo