Formati d’autore: 70mm, VistaVision, CinemaScope

Dopo aver esplorato nelle scorse edizioni il 3-D e il CinemaScope, quest’anno procediamo alla riscoperta di altri due momenti, brevi ma felici, della storia del cinema: quelli che hanno visto l’avvento del VistaVision e del 70mm. In particolare, la gloria e la grandeur di quest’ultimo potrà essere assaporata appieno nella cornice di Piazza Maggiore, in due delle otto serate del festival. Se parliamo di “brevi momenti” è perché intendiamo sottolineare una caratteristica che appare per molti versi indissolubilmente legata alle vicende del cinema. La gloria del 3-D durò solo pochi anni, fino a quando fu affossata dal fallimento commerciale. E l’incredibile originalità del CinemaScope (quello degli esordi, con un rapporto 2,55:1 e con suono stereofonico) non superò il terzo anno di vita.

Il VistaVision, la risposta Paramount al CinemaScope della Fox e ad altri procedimenti anamorfici, dal canto suo durò soltanto sette anni. Anche il 70mm, nato dopo i tre schermi combinati del Cinerama e dopo il Todd-OA (un formato che si lasciava alle spalle il gusto paesaggistico e il sensazionalismo del Cinerama per dar modo ai registi di raccontare nuovamente una “storia in termini cinematografici”), ebbe una vita relativamente breve. Il suo fascino speciale è legato a titoli come Lawrence of Arabia, The Sound of Music e 2001: A Space Odyssey, pur se questi film generalmente sono conosciuti in formati che non raggiungono affatto la potenza dell’originale. Da tempo infatti il vero 70mm è stato sostituito da surrogati “gonfiati”, e ironicamente, come ha scritto John Belton, “l’affermarsi del 70mm come spettacolo cinematografico va di pari passo con la sua scomparsa nell’ambito della produzione”. In tutto i film realizzati in VistaVision furono meno di 100, e in gran parte si tratta di robaccia, tanto che non possiamo dare torto a Barney Balaban, direttore della Paramount, che lo definì: “il Tiffany dei sistemi di proiezione”. Il nostro breve programma intende comunque gettare maggiore luce su questo formato dalle caratteristiche uniche, che ispirò grandissimi registi (Hitchcock, Ford, De Mille, Tashlin…) e direttori della fotografia (William Daniels, Robert Burks, Winton C. Hoch…). E non è per semplice coincidenza, se due delle pietre miliari della cultura occidentale, The Searchers e Vertigo, sono pellicole VistaVision…

I due film in 70mm che presentiamo al festival sono espressione del formato nella sue massime possibilità creative. 2001: A Space Odyssey di Kubrick è una rielaborazione nobile del travelogue, del film di viaggio. Il capolavoro di Tati, Playtime, (che nella sua forma definitiva si pone ai vertici del miracolo del 70mm), utilizza il formato per interrogare il mondo nella ricchezza delle sue sfaccettature e per saldare inestricabilmente l’osservazione sociale e quella privata.

Aggiungiamo infine che il nostro omaggio alle bellezze del CinemaScope, iniziato l’anno scorso, non poteva essere interrotto. Quest’anno avremo l’occasione di farci catturare dalle immagini di Minnelli, Sirk, Fuller, Tashlin, Ray, Mamoulian, Dwan, Anthony Mann, nei momenti d’oro della loro carriera, e di ammirare il possente intreccio tra l’energia creativa della tecnologia e l’arte della mise-en-scène.

Peter von Bagh