Alla ricerca ricerca del colore dei film: Technicolor & Co.

Programma a cura di Gian Luca Farinelli
Testi di Meredith Brody, Ian Christie, Paola Cristalli, Jean Douchet, Mariann Lewinsky, Michael Pogorzelski, Jonathan Rosenbaum

 

Decima edizione della sezione dedicata al colore, la più amata dalla comunità del Cinema Ritrovato. La cinefilia, per decenni, si è nutrita del desiderio di vedere film introvabili. Oggi si trova, se non tutto, molto; ma vedere film in Technicolor resta un’esperienza veramente rara. Le copie vintage del più bel sistema a colori del cinema, che ogni anno portiamo sullo schermo dell’Arlecchino, ritrovano la memoria dei colori originali.
Proponiamo due classici anni Quaranta, Meet Me in St. Louis, prima grande ‘festa’ cromatica di Vincente Minnelli, e il capolavoro di John M. Stahl, Femmina folle, dove il Technicolor rende accecante la bellezza di Gene Tierney e l’abisso doloroso della sua personalità. Dopo il successo del suo ultimo bianco e nero, Psyco, Alfred Hitchcock realizza nel 1963 The Birds e, nel 1964, Marnie. Il perfetto tailleur color eau de Nil, l’Aston Martin coupé metallizzata con cui Hedren si reca a Bodega Bay, e il ‘biondo Kelly’ dei suoi capelli non avrebbero raggiunto la stessa luminosa efficacia senza il Technicolor, così come il terrore suscitato dagli uccelli risiede nel loro essere pure macchie di nero. Quando le macchie nere scompaiono e la normalità pare ricomporsi, siamo come rassicurati nel ritrovare l’affettuoso calore del Technicolor… In Marnie, al contrario, è il colore a suscitare la paura: “I colori! Non li sopporto quei colori!”. È impossibile pensare a Marnie senza ricordare il rosso, ovvero il rimosso della protagonista che ritorna a sciogliere il plot.
Dall’Academy Film Archive l’attesissima lezione di Mike Pogo, che presenterà al pubblico i test per la stampa dei film e quattro copie Technicolor dei primi anni Settanta, realizzati poco prima della chiusura del laboratorio, nel 1974. Quattro film firmati da direttori della fotografia che, collaborando con grandi registi, hanno cambiato la storia del colore cinematografico.
Geoffrey Unsworth, vincitore dell’Oscar per Cabaret, inventa nel film di Bob Fosse una fotografia che farà scuola, in cui le luci del cabaret invadono e colorano la scena, restituendo ai bianchi e ai neri la funzione di colori. In The Godfather Coppola e Gordon Willis, maestro della penombra e delle sottoesposizioni, creano un’atmosfera in cui manca la luce, come manca la pace nella famiglia Corleone. In Deliverance di John Boorman, Vilmos Zsigmond decolora le scene fluviali, freddo annuncio di quello che sta per avvenire. In The Getaway di Sam Peckinpah, Lucien Ballard, un gigante delle luci da Marocco di von Sternberg a Il mucchio selvaggio dello stesso Peckinpah, dà un nitore bruciato all’attrazione tra Steve McQueen e Ali MacGraw.
Un assaggio di Kinemacolor e tre restauri digitali completano la rassegna. Due film Republic scelti da Martin Scorsese, il Technicolor Laughing Anne (1953) e il Trucolor The Plunderers. E Carosello napoletano (1953) di Ettore Giannini, in cui Piero Portalupi s’ispira agli effetti teatrali, ai colori stencil del cinema muto, e al Technicolor, creando un efficacissimo carosello di colori.

Gian Luca Farinelli

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