DOSSIER BLASETTI

C’è la crisi: facciamoci una bella risata

Questo il titolo della recensione dello scrittore, giornalista, umorista e temuto critico televisivo Sergio Saviane a proposito di L’arte di far ridere, ‘cavalcata comica’ realizzata da Alessandro Blasetti e andata in onda su Rete 1 (ora RAI 1), nel corso di cinque serate, dal 26 dicembre del 1973 al gennaio del 1974. Sin dalle prime righe Saviane si getta come una belva inferocita sulle scelte del palinsesto di fine anno della televisione di stato, puntando il dito sui dirigenti che hanno imbottito ‘per interi pomeriggi e serate le case degli italiani con un getto continuo di comiche, di antichi spettacoli più volte trasmessi, di riesumazioni di programmi idioti’. Continua scrivendo che non ci sarebbe da stupirsi se i programmatori, arruolati ‘nella campagna della risata nazionale’ contro ‘il clima melanconico delle restrizioni economiche, avessero scambiato la trasmissione di Blasetti per uno spettacolo di occasionale consumo, scelto appositamente per i bagordi del pensiero’.

Blasetti ha lavorato per oltre un anno e mezzo al reperimento dei materiali, visionando oltre 250 film. Il suo archivio conserva copiose e ben documentate tracce di questo monumentale lavoro di ricerca compiuto con l’ausilio di professionisti del calibro di Lianella Carell, Carlo Romano e Giulio Cesare Castello. Per capire fino in fondo il lungo e faticoso percorso che ha affrontato Blasetti per dare una fisionomia definitiva al programma bisognerebbe riportare per intero lo scambio epistolare con Suso Cecchi d’Amico che implacabile incalza l’amico che le risponde: ‘Col passare degli anni, il tuo affetto per me deve essere di molto aumentato. Mi allenti certe sberle da prendere il soffitto per il pavimento. Prima mi hai rovesciato addosso tutto il lago di Como. Ora mi chiedi: ti vuoi decidere? Che cosa vuoi fare?’ Blasetti invita la d’Amico a non avere fretta. Afferma di voler dare una costruzione divertente e leggera al programma, restando però fedele all’idea che aveva espresso accettando l’incarico: dimostrare ‘quanto sia seria e difficile così come utile e benefica l’arte di far ridere’. Inoltre dichiara di non essere disposto a limitare il tema, né a ‘lasciar fuori dalla porta prestigiosi talenti del buon umore, pretendendo sempre un passaporto culturale stillato dal rigore della saggistica’, perché ‘Suso mia cara, io penso che c’è da farsi rizzare i capelli proprio quando si limita. Perché una volta che hai limitato il campo, lo hai proposto. E ti corre il dovere di esaurirlo fino in fondo’.

E secondo Saviane e molti altri critici tra cui Bassoli, Cesareo, Cirri, Doletti e Geron, il maestro riesce nel suo intento. Individua nel rapporto tra autore, attore e regista uno degli assi portanti delle molteplici forme in cui si esprime la comicità e nelle tematiche colpite dalla satira l’altro elemento essenziale. Blasetti propone una struttura aperta ed estremamente aerea, in cui la presenza del regista in scena si avverte appena. Il montaggio è incalzante, mai compiaciuto e l’alternanza di pezzi classici del cinema comico con sequenze dedicate ad autori/attori di teatro, del circo, dell’avanspettacolo e della televisione stessa rende l’insieme equilibrato. L’escamotage di mostrare una saletta di proiezione in cui gli stessi autori del comico sembrano trovarsi lì quasi per caso ad assistere alla kermesse pirotecnica fa sì che Fellini, Zavattini, Totò, Clair, Tati, Campanile, Gregoretti, Age e Scarpelli, Risi, Monicelli, Sordi, Valeri, Caprioli e Salce si trasformino in spettatori della propria e dell’altrui arte di far ridere. Le interviste diventano racconti divertenti, rapidi scambi di battute, sguardi complici conditi da risate liberatorie. ‘Con questo procedimento – conclude Saviane – Blasetti fa il suo grande monumento al cinema che ha fatto sorridere miliardi di uomini di tutto il mondo e di tutti i tempi’.

La presentazione se pur parziale di questa trasmissione si propone di essere il primo di una serie di approfondimenti dedicati alla lunga e prolifica collaborazione di Blasetti con la televisione, per la quale ha realizzato diversi programmi dagli inizi degli anni ‘60 fino alla fine degli anni ‘70: da Gli italiani del cinema italiano (1964), a Storie dell’emigrazione (1972) e I racconti di fantascienza (1979) fino a Il mio amico Pietro Germi (1980) per citarne alcuni.

(Michela Zegna)

Programma a cura di Alfredo Baldi e Michela Zegna