ROUBEN MAMOULIAN: SFUMATURE DI DESIDERIO

A cura di Ehsan Khoshbakht

Con il suo approccio sperimentale alla regia, Rouben Mamoulian ha iniettato vitalità, profondità e dinamismo nel cinema hollywoodiano dei primi anni del sonoro. Eppure, proprio lui, che con i movimenti di macchina fluidi, il montaggio simbolico e le immagini eloquenti di film come City Streets e Queen Christina è stato determinante per definire la grammatica visiva del cinema degli anni Trenta, aveva mosso i primi passi nel teatro.
Nato a Tbilisi in una famiglia armena appassionata d’arte, dopo aver studiato o lavorato a Mosca, Parigi, Londra, Rochester e New York, Mamoulian giunse a Hollywood, dove tra il 1929 e la metà degli anni Trenta sperimentò in molteplici direzioni. Dalle sue regie dell’epoca traspare un senso di euforia e ipersensibilità. In seguito quell’irrequietezza si affievolì, spingendolo a cercare un compromesso con gli stili degli studios. La censura impose il ritiro dalla circolazione di tutti i suoi primi film – troppe allusioni sessuali e vestaglie di pizzo – e quel vuoto incise sul mancato riconoscimento del suo ruolo nella storia del cinema americano, anche se nel 1969 l’eccezionale monografia di Tom Milne ha celebrato in modo convincente la sua grandezza.
Evidentemente Mamoulian conosceva i maestri sovietici, e ne è stato ampiamente influenzato. In un certo senso, ha tradotto alcune idee di Sergej Ėjzenštejn nel linguaggio del film musicale, anche se meno della metà della sua produzione è composta da veri e propri musical. Si veda il suo esordio, Applause (1929): in una scena, una ballerina è seduta sul letto della figlia e le canta una canzonetta mentre la giovane recita le preghiere. Le due voci si mescolano creando un contrappunto: in quel duetto Mamoulian unisce sacro e profano. È uno dei momenti chiave del suo cinema, reso possibile dai progressi della tecnica. Come ebbe modo di dire, “la sola innovazione degna di nota è quella che nasce dalla necessità artistica”. Per questo si è spesso comportato come un pittore (Blood and Sand) o come un musicista (Love Me Tonight) più che come un regista in senso stretto.
Mamoulian amava i doppi. Le sue immagini tendono    a duplicarsi, non solo in Dr. Jekyll and Mr. Hyde. Ombre, specchi, statue e dipinti si sposano armoniosamente con la sua passione per le maschere e i travestimenti. Era anche un feticista: gambe e lingerie praticamente sono leitmotiv visivi del suo cinema. E amava i gatti, le cui apparizioni rappresentavano nei film dei riferimenti a se stesso.
Tra il 1942 e il 1957 Mamoulian girò solo tre film. Di fatto si era ritirato, ma tentò un ritorno con Cleopatra nel 1963. Insoddisfatto della produzione, abbandonò non solo il set ma la regia tout court. Eppure non ci fu mai un briciolo d’amarezza per il modo in cui era stato progressivamente messo da parte. “Tutto quello che fa, un regista lo fa per amore della vita”. Il cinema di Mamoulian lo conferma: un cinema di raso e seta, con sfumature di desiderio.

Ehsan Khoshbakht

Programma