Il film storico nel Giappone degli anni bui

Programma e note a cura di  Alexander Jacoby e Johan Nordström
in collaborazione con National Film Center – The National Museum of Modern Art, Tokyo
con il sostegno di The Japan Foundation

 

Sotto il regime militarista dei tardi anni Trenta, fu nel film storico (jidai-geki) che si rifugiarono i cineasti progressisti giapponesi per commentare criticamente le problematiche del loro tempo. Il Narutaki-gumi, gruppo informale di registi impegnati nella modernizzazione del cinema giapponese, ebbe un ruolo cruciale nella creazione di un nuovo tipo di jidai-geki che preferiva il realismo alla stilizzazione e il pessimismo ironico all’ottimismo eroico. Questi film sottilmente sovversivi impiegavano e trasformavano le convenzioni del film storico per tentare una critica sociale in uno dei momenti più cupi della storia giapponese moderna.
Nella prima parte del decennio la fragile democrazia giapponese si era indebolita a causa dell’instabilità economica della Grande Depressione che, unita ai disordini politici interni e alle incertezze relative allo status di grande potenza mondiale del Giappone, agevolò la graduale presa del potere da parte dei militari. Alla fine degli anni Trenta il Giappone aveva ormai lanciato un’offensiva su vasta scala contro la Cina imboccando una strada che avrebbe condotto a Pearl Harbor. I film di sinistra o proletari erano stati censurati o messi al bando fin dai primi anni Trenta; nel 1939 la legge sul cinema regolamentò rigidamente la produzione giapponese allineandola alle direttive ufficiali. In questo contesto sconfortante, tuttavia, il jidai-geki produsse alcune delle sue opere più importanti subendo una marcata trasformazione grazie al gruppo di cineasti del Narutaki-gumi e alla troupe teatrale progressista Zenshin-za. Il Narutaki-gumi includeva i registi Sadao Yamanaka, Hiroshi Inagaki, Eisuke Takizawa e Momosaku Suzuki e gli sceneggiatori Yahiro Fuji e Shigeji Fuji. Il gruppo, che prendeva il suo nome dal quartiere di Kyoto in cui era nato, scriveva sceneggiature sotto lo pseudonimo collettivo di Kinpachi Kajiwara, e la sua impronta stilistica e ideologica sullo jidai-geki della seconda metà degli anni Trenta fu cruciale.
La rassegna si concentra sui film realizzati alla Toho da membri del Narutaki-gumi e interpretati da attori dello Zenshin-za. Grazie all’impiego di tecniche innovative quali la recitazione naturalistica e il linguaggio moderno in ambientazioni storiche, questi film introdussero una visione sovversiva nelle tematiche classiche del jidai-geki. Figurano nella rassegna sia il capolavoro canonico Ninjo kamifusen (Umanità e palloni di carta, 1937) di Sadao Yamanaka, maestro destinato a una prematura e tragica scomparsa, sia classici meno noti come Abe ichizoku (La famiglia Abe, 1938) di Hisatora Kumagai, raramente (se non mai) proiettati in Occidente. A questi film si affianca il capolavoro di Tamizo Ishida, Hana chirinu (Fiori caduti, 1938), che offre un singolare sguardo femminile sulla turbolenta storia giapponese, mentre Kyojinden (La leggenda dei giganti, 1938) di Mansaku Itami, tratto da I miserabili, e Kino kieta otoko (L’uomo che ieri scomparve, 1941), di ispirazione hollywoodiana, indicano l’influenza mai sopita della cultura liberale occidentale.

Alexander Jacoby e Johan Nordström

 

Foto: Ninjo kamifusen di Sadao Yamanaka (1937)

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