I fuorilegge: Frank Tuttle vs. Stuart Heisler

Programma a cura di Ehsan Khoshbakht

Facendo dialogare tra loro le opere di due registi, questa retrospettiva ‘comparativa’ vuole celebrare una genialità fiorita al di fuori del pantheon. Frank Tuttle e Stuart Heisler, per i quali questo programma rivendica a pieno titolo lo statuto di maestri, girarono film dalle spiccate particolarità, dal ritmo perfetto e imprevedibili nel manipolare il lessico cinematografico dei generi popolari. Nessuno dei due, a un certo punto della propria carriera, ebbe il potere d’intraprendere la direzione desiderata. Furono marginali, ma in compenso poterono contare su un’ampia libertà di manovra. “Il regista è anzitutto un catalizzatore” scrisse George Cukor a Tuttle, “fa funzionare le cose”. Tuttle e Heisler le fecero funzionare eccome, agendo sia come modelli creativi sia come forze capaci d’incidere sulla storia del cinema. Quando arrivò in Francia, This Gun For Hire di Tuttle divenne uno dei quattro titoli di riferimento del noir. Sempre in Francia Heisler fu considerato un maestro, e Jean-Luc Godard vide in lui una fonte d’ispirazione. La scelta di abbinare i due registi è stata suggerita dalle loro comuni visioni filosofiche e politiche e dal terreno molto simile su cui si mossero e che li portò a trattare tematiche affini, anche se con stili opposti, spesso rispecchiandosi uno nell’altro. Naturalmente, dato che lavoravano entrambi per la Paramount, capitò loro di utilizzare lo stesso cast e la stessa troupe, e questo finì per accentuare le analogie tra le loro opere. Quello che inizialmente mi ha affascinato di Tuttle e Heisler è stato il modo di trattare il (melo)dramma poliziesco, poi etichettato come ‘noir’. Ma il mio interesse è andato ben oltre. Questa retrospettiva si propone anzitutto di mostrare le opere artisticamente più compiute dei due registi nelle migliori copie disponibili. Ho volutamente tralasciato parte delle loro produzioni, come i western e i film di guerra di Heisler, o il periodo muto e i musical con Bing Crosby di Tuttle, a favore di singoli esperimenti più interessanti. Poi ho tentato di decidere quali titoli delle rispettive filmografie si corrispondessero meglio tra loro, scelta che ispira la selezione finale (si veda il mio testo che chiude questa sezione). Non ho mai voluto proporre una rassegna dei ‘più grandi successi’, né creare l’illusione di carriere assolutamente uniche o coerenti. Tutt’altro: continuo a trovare più interessanti le incoerenze, le intermittenze e le contraddizioni.

FRANK TUTTLE
“Il peso di Tuttle come comunista deriva dal suo essere noto prima di tutto come regista molto capace e, in secondo luogo, come eccezionale maestro delle tecniche cinematografiche”. La prima seria valutazione scritta di Frank Tuttle (1892-1963) non fu redatta da un critico ma fu aggiunta nel suo dossier segreto da un ammirato agente dell’FBI incaricato di sorvegliare il regista ‘rosso’. Tuttle, probabilmente l’unico regista famoso del muto a finire nei guai nell’era McCarthy, era stato una star della Paramount grazie al suo talento per la commedia e alle interpretazioni memorabili che sapeva ricavare dalle sue attrici. Pochi anni dopo era già il “versatile regista alla moda di film parlati” in grado di navigare le acque agitate dei primi sonori. Tuttle conobbe una nuova primavera durante la Seconda guerra mondiale, quando i suoi film si fecero più cupi e personali, ed è a questo periodo che risalgono i suoi titoli più memorabili. È difficile immaginare una figura più americana – per aspirazioni, senso dell’ironia e spontanea creatività – ma anche più rapidamente dimenticata. Di famiglia benestante, all’inizio degli anni Venti Tuttle lavorò come revisore di sceneggiature. Nel 1921 aveva già fondato una propria compagnia, la Film Guild, le cui produzioni comprendevano film storici girati per la Yale University (di cui era stato studente). Nel 1922 debuttò alla regia con The Cradle Buster, ma alle prime difficoltà finanziarie approfittò di una proposta di Allan Dwan e approdò a Hollywood. Alla metà degli anni Venti era un affermato regista di commedie brillanti che preferiva lavorare con starlet come Bebe Daniels, Clara Bow ed Esther Ralston. Il successo dei suoi primi sonori e la transizione discreta dalla commedia al dramma negli anni Trenta rivelarono altri aspetti del suo talento. Gli anni Trenta e i primi Quaranta segnarono il punto più alto della carriera di Tuttle prima che la caccia alle streghe a Hollywood lo spingesse a lavorare da indipendente, con alcuni progetti europei bizzarri e sorprendenti. Benché la linea politica di Tuttle fosse quella di un marxismo da salotto e di un materialismo da boy-scout, essa non gli impedì d’inserire nei suoi film idee progressiste che sfidavano i generi hollywoodiani, si concedevano libertà stilistiche e sorprendevano dal punto di vista drammatico e visivo. La relativa coerenza della sua lunga carriera, che conta un buon numero di pezzi forti, lo rende un perfetto esempio di maestro ai margini, capace di imperfezioni illuminanti.

STUART HEISLER
In The Remarkable Andrew (1942), scritto dal comunista Dalton Trumbo, il fantasma del presidente Andrew Jackson ritorna tra i vivi per aiutare un bibliotecario di provincia a smascherare la corruzione delle autorità locali. Il film esemplifica la riuscita fusione compiuta da Stuart Heisler tra idealismo immaginario e politica contemporanea. Questo può essere considerato uno dei due principali approcci narrativi che caratterizzano l’opera heisleriana. Il secondo prevede un viaggio nelle tenebre (e il titolo dello sconvolgente Journey into Light va visto come ironico): uomini e donne più o meno alla deriva giungono in una nuova casa (Smash-Up), una città (Storm Warning), un territorio (il Sud di Among the Living) o un paese (Tokyo Joe), dove rivelano aspetti nascosti e talvolta odiosi della loro identità attraverso incontri con consanguinei o concittadini. La tensione che Heisler stabilisce tra il viaggiatore/vagabondo e gli altri è melodrammatica e psicologica. Il viaggio è lo strumento di una dolorosa scoperta di sé, ma porta anche alla distruzione: il vagabondo può diventare un senzatetto, oppure andare incontro alla morte. Ma non è solo questo a fare di Stuart Heisler (1896-1979) una figura meritevole di rivalutazione. Eroe misconosciuto del cinema americano, fu spesso in anticipo sui tempi e quasi sempre ebbe qualcosa da offrire anche quando il materiale a prima vista era irrecuperabile. Così quando Bertrand Tavernier, ammiratore dei suoi film, lo definisce “talentuoso e misterioso”, si riferisce forse al mistero di un uomo capace di girare grandi film di cui nessuno si curava. Sebbene Heisler abbia avuto ammiratori nella Francia post- “Cahiers” e il suo nome sia apparso nei primi numeri della rivista, è stato prodotto ben poco materiale critico che renda giustizia alla sua grandezza. Heisler iniziò come trovarobe alla Famous Players e negli anni Venti divenne montatore. Girò il suo primo film per la Paramount nel 1936 e l’anno successivo fu assistente alla regia di John Ford in Uragano. Diresse vari film di serie B prima di partire in guerra con il grado di capitano (e in quel periodo girò anche un documentario bellico), mentre a Hollywood la sua carriera conosceva una lenta ascesa. Dopo la guerra e fino alla fine degli anni Cinquanta, a parte un periodo relativamente lungo alla Warner, Heisler lavorò autonomamente come regista per progetti indipendenti e per piccole compagnie. Che si misurino i suoi film sulla base di criteri autoriali o di qualità come grandezza e lungimiranza, Stuart Heisler rappresenta una scoperta straordinaria e ci ricorda che il talento si trova anche al di fuori del pantheon, dove i registi non confinati nel tempio vanno incontro al loro destino, come i personaggi dei suoi film.

FRANK TUTTLE VS STUART HEISLER: UN RAFFRONTO
Benché li separassero solo quattro anni d’età, Frank Tuttle fece il suo ingresso nel mondo del cinema e divenne regista con una quindicina d’anni d’anticipo rispetto a Stuart Heisler. Lavorarono entrambi per la Paramount, dove l’assenza di interferenze e di dirigenti ingombranti – contrariamente alla MGM e alla Warner – permise loro di sperimentare con una certa libertà. Queste circostanze misero in moto la carriera di Heisler nel dipartimento B alla fine degli anni Trenta e riaccesero quella di Tuttle. Ma i due si erano incrociati già prima, quando Heisler (montatore) e Tuttle (regista affermato) collaborarono alla frenetica commedia musicale pre-Codice Roman Scandals. Nonostante sembrassero perfettamente integrati nello studio system, entrambi lo abbandonarono nel dopoguerra per intraprendere un percorso più discontinuo e complesso come registi indipendenti, lavorando tra l’altro per compagnie americane ed estere, e per la televisione. Questa fase fu in diversa misura una conseguenza della caccia alle streghe a Hollywood, che colpì direttamente uno di loro. Dato che Tuttle era ufficialmente membro del partito comunista, le sue idee politiche contribuiscono meglio dei suoi film a spiegarne la carriera intermittente. Heisler, d’altro canto, anche se non fu mai membro del partito e non finì nella lista nera, è un caso curioso. La sua carriera mostra molti sintomi di quella persecuzione che peraltro non lo colpì direttamente. I film di Tuttle e Heisler sono accomunati da elementi tematici e visivi. Gran parte delle affinità concerne il rapporto tra l’individuo e il suo contesto, per cui c’è sempre una forte dose d’interazione tra personaggio e ambiente. I due registi realizzarono inoltre alcuni dei film più insoliti sugli uomini e la storia. Entrando nello specifico, troviamo: la scienza vista come strumento per salvare il mondo, impresa che fallisce perché lo scienziato non riesce a salvare la propria anima, come in The Monster and the Girl (Heisler) e in Island of Lost Women (Tuttle); la messa in discussione dei concetti di ‘razza superiore’, selezione scientifica e ‘miglioramento della razza’, come in The Biscuit Eater (H) e in College Holiday (T); segnali precoci di problematiche ambientaliste o di una consapevolezza in tal senso, come in Tulsa (H) e in Island of Lost Women (T); l’impossibilità dell’utopia in più di un film, tra cui L’isola del peccato (H) e Island of Lost Women (T). Entrambi i registi sono affascinati dai legami di sangue e dalle identità interscambiabili, come si vede nel miglior muto di Tuttle, Love ’Em and Leave ’Em, e in Among the Living di Heisler. Fantasmi del passato o figure storiche riappaiono per raddrizzare i torti della società moderna, come in Roman Scandals (T) e in The Remarkable Andrew (H). La storia è uno spettacolo teatrale, come in Il magnifico avventuriero e Il cavaliere senza volto (H), in Hostages e La grande vendetta (T); in quest’ultimo film Hitler viene ucciso in piena guerra e a sostituirlo è un attore. (Va anche notato che sia Tuttle che Heisler girarono film su Hitler). Per quanto riguarda lo stile di ciascun regista, i contrasti sono rivelatori, soprattutto quando la tematica trattata è simile: Tuttle è essenzialmente un regista ironico mentre Heisler è diretto. Tuttle predilige la perversione e la leggerezza, e tratta di donne incatenate, bigamia e scambio di mogli dando l’impressione che siano attività sociali perfettamente naturali. Heisler è invece un moralista con idee più compiute sulla società. Heisler è attratto dal fantastico, dall’impossibile e perfino dal mistico, mentre Tuttle si attiene al regno della logica, di cui però non si fida mai completamente. Ma Tuttle può anche esibire un senso fumettistico del peso e del movimento che rende le sue storie agili e leggere. Lo stile di Tuttle è maggiormente permeato dalla commedia e dal musical, quello di Heisler è più vicino al melodramma. A Tuttle piacciono la ricercatezza e i paesaggi urbani, Heisler va alla ricerca di paesaggi rurali e naturali, privilegiando i personaggi rustici. Il paesaggio detta anche il linguaggio: la parlata altisonante del mondo di Tuttle contrasta con quella colloquiale dei film di Heisler; la verbosità di Tuttle si contrappone alla semplicità dei personaggi heisleriani. Il cinema di Tuttle mostra per lo più ossessioni feticiste in cui ambienti e dispositivi scenici prevalgono sullo spazio, mentre per Heisler la costruzione del senso dello spazio attraverso la messa in scena è essenziale, e questo spiega l’apprezzamento di certa critica francese. Quando Tuttle e Heisler girarono due polizieschi a colori e in Cinema- Scope, verso la fine delle rispettive carriere (Hell on Frisco Bay e I Died a Thousand Times), le loro affinità parvero più che mai rafforzate. Avevano ormai raggiunto una padronanza straordinaria e un’estrema purezza. Lo stile classico, spinto al limite, era pronto a trasformarsi in qualcos’altro. Abbandonati gli abbellimenti, iniziarono ad aleggiare l’inquietudine e la stanchezza. È difficile non vedere questi film come lettere a se stessi di due sicari giunti al capolinea, quasi che girare un film fosse ormai un ultimo grande colpo: qualcosa potrebbe andar storto, ma quale che sia l’esito la profonda dedizione alla propria arte farà sì che ne sia valsa la pena.

Ehsan Khoshbakht

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