Dopo quasi un anno di telefonate e di email, Shivendra Singh Dungarpur ha convinto Jiří Menzel a incontrarlo in un caffè di Praga il 19 ottobre 2010. Si è così avviata una conversazione, e con essa un’amicizia culminata in un documentario di sette ore che non solo esplora l’ingannevole eccentricità dei film comici di Jiří Menzel, ma va anche alla scoperta dell’affascinante mondo della Nová vlna, la nouvelle vague cecoslovacca, un movimento animato da brillanti artisti che paradossalmente girarono film finanziati da un regime oppressivo, mascherando la loro vena sovversiva con l’umorismo e la qualità artistica.
Girato nell’arco di sette anni, il documentario passa in rassegna oltre quattro decenni, dalla nazionalizzazione dell’industria cinematografica cecoslovacca nel 1948, alla nascita della Nová vlna all’inizio degli anni Sessanta, periodo segnato da grandi eventi storici come l’effimera Primavera di Praga nel 1968 e l’invasione sovietica dello stesso anno, cui seguirono ventuno anni di ‘normalizzazione’ sotto il regime comunista sfociati nella Rivoluzione di velluto del 1989. Il mutato clima politico si tradusse in un controllo sempre più rigido della libertà creativa di questi artisti. Tuttavia, spesso mettendo a rischio i propri mezzi di sostentamento e perfino le proprie vite, essi continuarono a fare film all’insegna di una sommessa ribellione.
Menzel ci accompagna alla scoperta di questo universo straordinario che comprende Věra Chytilová, Miloš Forman, Vojtěch Jasný, Ivan Passer, Evald Schorm, Jan Schmidt, Pavel Juráček, Juraj Jakubisko, Dušan Hanák, Elo Havetta, Štefan Uher, Jan Němec, Drahomíra Vihanová e Miroslav Ondříček. Per il documentario sono state intervistate ottantacinque personalità, compresi alcuni grandi nomi del cinema mondiale: Woody Allen, Ken Loach, Emir Kusturica, Raoul Coutard, István Szabó e Andrzej Wajda.
Il film ha profondità e proporzioni inedite per uno studio sulla Nová vlna: vi si trovano le circostanze sociopolitiche che diedero vita a questo movimento unico, l’influenza di scrittori come Bohumil Hrabal, Milan Kundera e Josef Škvorecký, l’intensità di una ge¬nerazione scomparsa e la gioia di riscoprire artisti che il mondo ha dimenticato. Dato l’ampio respiro dell’opera, sorprende l’intimità con cui il film rivisita queste immagini del vecchio mondo.

Teesha Elizabeth Cherian