The Big Trail (grandeur Version)

Raoul Walsh

T. it.: Il grande sentiero. Sog.: Hal G. Evarts. Scen.: Jack Peabody, Marie Boyle, Florence Postal. F.: Lucien Andriot, Don Anderson, Bill McDonald, Roger Sherman, Bobby Mack, Henry Pollack. [Grandeur camera: Arthur Edeson, Dave Ragin, Sol Halprin, Curt Fetters, Max Cohn, Harry Smith, Lou Kunkel, Harry Dawe]. Mo.: Jack Dennis. Scgf.: Harold Miles, Fred Sersen. Mu.: Arthur Kay. Su.: Donald Flick, George Leverett. Int.: John Wayne (Breck Coleman), Marguerite Churchill (Ruth Cameron), El Brendel (Gus), Tully Marshall (Zeke), Tyrone Power Sr. (Red Flack), David Rollins (Dave Cameron), Frederick Burton (Pa Bascom), Ian Keith (Bill Thorpe), Charles Stevens (Lopez), Louise Carver (la suocera di Gus), Russ Powell (Windy Bill), William V. Mong (Wellmore), Dodo Newton (Abigail), Ward Bond (Sid Bascom). Prod.: Fox Film Corporation. Pri. pro.: 2 ottobre 1930 35mm. D.: 122’ a 24 f/s. Bn. 

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Quella di affidare a Raoul Walsh la regia di The Big Trail – il primo film epico girato dal vero in Grandeur, un formato in 70mm sviluppato dalla Fox – fu sicuramente una delle coincidenze più felici della storia del cinema. La profondità di campo of­ferta dal Grandeur sembrava pensata ap­posta per Walsh e per la sua tipica orga­nizzazione dello spazio basata (almeno a partire da The Lucky Lady del 1926) sul contrasto tra azioni in primo piano e azio­ni sullo sfondo, nonché su una complessa coreografia di attori e comparse che en­trano ed escono dall’inquadratura. Walsh coglie immediatamente tutte le potenzialità del grande formato, creando una continui­tà di movimento che estende l’azione (e il mondo del film) persino oltre i margini dello schermo già espanso, con inquadra­ture che anticipano di trentasette anni Playtime di Jacques Tati usando punti focali multipli per guidare l’occhio dello spettatore attraverso vaste composizioni e spostarne l’attenzione senza ricorrere al montaggio. Il momento più spettacolare del film, in cui un’intera carovana viene calata con un sistema di corde e pulegge lungo il fianco di una montagna, antici­pa le unità baziniane di tempo e azione riprendendo con un lungo piano sequen­za l’inizio, la metà e la fine di un evento. The Big Trail è forse anche il primo map movie di Walsh. Il regista riprenderà la formula del film-itinerario negli anni Qua­ranta e Cinquanta con Desperate Journey, Objective, Burma! e Distant Drums, nei quali l’obiettivo esistenziale è spostare un gruppo di persone da un punto a un altro di una carta geografica superando i pericoli in agguato. Naturalmente in The Big Trail il movimento altro non è che la colonizzazione dell’Ovest americano, qui resa con un’immediatezza e un’ampiezza che restano uniche. Come scrive Jacques Lourcelles, i pionieri di Walsh sono “spin­ti verso la linea dell’orizzonte da una for­za istintiva, tellurica. Obbediscono a una legge che appartiene allo stesso ordine di quelle che governano le maree, le mi­grazioni e i moti delle stelle”. Merita una menzione anche il giovane e schivo inter­prete principale, un attrezzista della Fox chiamato Marion Morrison che Walsh tro­vò promettente e ribattezzò John Wayne.
(Dave Kehr)

 

Copia proveniente da

Versione Grandeur restaurata da MoMA – The Museum of Modern Art con il sostegno parziale di The Film Foundation