IL CAPPOTTO
Sog.: dal racconto “Sinel” di Nikolaj Gogol’; Scen.: Cesare Zavattini, Alberto Lattuada, Giorgio Prosperi, Leonardo Sinisgalli, Giordano Corsi, Enzo Curreli, Luigi Malerba; F.: Mario Montuori; Mo.: Eraldo Da Roma; Scgf.: Gianni Polidori; Cost.: Dario Cecchi; Mu.: Felice Lattuada; Int.: Renato Rascel (Carmine De Carmine), Yvonne Sanson (Caterina), Giu- lio Stival (il sindaco), Antonella Lualdi (Vittoria), Ettore G. Mattia (il segretario generale), Giulio Calì (il sarto), Anna Carena (la padrona di casa); Prod.: Antonio Ansaldo Patti, Enzo Curreli per Faro Film 35mm. D.: 85′. Bn.
Scheda Film
Alberto Lattuada occupa nel cinema italiano del dopoguerra un posto insolito, un po’ a parte. La sua formazione (è uno dei fondatori della Cineteca Italiana) e più ancora il suo carattere lo pongono all’opposto del “neorealismo” come lo intendiamo di solito. Lattuada rivolge alla forma, allo stile e al découpage un interesse pari alla propria conoscenza dell’arte cinematografica, che è molto vasta. Se la maggior parte dei film italiani ci piacciono per il loro lirismo, il calore, la sensibilità straripante o semplicemente per la loro grazia, quelli di Lattuada ci oppongono l’intelligenza di una regia studiata, lucida, ai limiti della freddezza. E forse il fatto che Lattuada non sia stato sempre trattato giustamente dalla critica francese dipende proprio da questo dualismo tra alcuni temi e strumenti del neorealismo e il rigore estetico, quasi formalista della sua regia. (…)
Spero in ogni caso che Il cappotto riveli finalmente al grande pubblico e alla critica i meriti di Lattuada. E penso che lo farà, non solo perché è il migliore dei suoi film, ma anche perché le qualità che si rivolgevano contro l’autore in Senza pietà o Il mulino del Po, in questo caso sono completamente al suo servizio. Ciò che poteva sembrare troppo calcolato nella regia dei suoi soggetti drammatici, valorizza invece perfettamente l’elemento comico de Il cappotto. La precisione e il rigore possono sì frenare l’emozione, ma moltiplicano anche l’efficacia dell’ironia e della satira. Sono addirittura convinto che Lattuada dovrebbe continuare su questa strada.
Il suo adattamento del racconto di Gogol’ è un esempio di intelligenza. Pur prendendo molte libertà, ha saputo conservare lo spirito dell’originale trasportandolo in un’Italia in parte immaginaria, quasi kafkiana. Il successo del film sarà merito anche dell’interpretazione eccezionale di Rascel, il cui personaggio certamente deve molto a Charlot, senza però che questa influenza venga mai sentita come un plagio.
André Bazin, Il cappotto, “Cahiers du cinéma”, n. 13, giugno 1952