IL BELL’ANTONIO
Sog.: dal romanzo omonimo di Vitaliano Brancati. Scen.: Pier Paolo Pasolini, Gino Visentini. F.: Armando Nanuzzi. M.: Nino Baragli. Scgf.: Carlo Egidi. Mus.: Piero Piccioni. Int.: Marcello Mastroianni (Antonio Magnano), Claudia Cardinale (Barbara Puglisi), Pierre Brasseur (Alfio Magnano), Rina Morelli (Rosaria Magnano), Tomas Milian (Edoardo), Fulvia Mammi (Elena Ardizzone), Patrizia Bini (Santuzza), Anna Arena (signora Puglisi), Maria Luisa Crescenzi (Francesca), Cesarina Gheraldi (zia Giuseppina). Prod.: Alfredo Bini, Arco Film, Cino Del Duca Produzioni Cinematografiche Europee, Société Cinématographique Lyre DCP. D.: 105’. Bn.
Scheda Film
Ma è solo dopo La dolce vita che matura in pieno il suo gusto di fare le cose ‘contro’, di giocare al ribasso, di presentarsi per quello che non è. Sono anni in cui la società matura rabbie e rancori a livello planetario e Marcello, nel suo piccolo, fa la rivoluzione con i mezzi che ha. Si ribella allo star system, che vorrebbe inserire la sua carriera in un gran gioco di regole strettissime; e rifiuta il type casting. Non tanto per sorprendere il pubblico, quanto per divertirsi. Mentre negli USA lo proclamano il più ardente dei latin lover, in Il bell’Antonio si presenta come un impotente.
Tullio Kezich, Ritratto di un attore, in I Divi, Laterza, Bari 1996
Il bell’Antonio di Vitaliano Brancati è pubblicato per la prima volta nel 1949 (sempre nello stesso anno esce anche a puntate su “Il Mondo”), è ambientato negli anni del fascismo, e racconta di uno studente universitario catanese impotente. Gli sceneggiatori Gino Visentini e Pier Paolo Pasolini optano per lo spostamento temporale della vicenda al presente […]. L’idea di portare gli eventi dal fascismo all’oggi non tradisce lo spirito del romanzo. La denuncia del ‘gallismo’ (che Brancati ha già affrontato nel suo precedente libro, Don Giovanni in Sicilia) resta integra; mentre l’ortodossia standardizzante fascista si specchia senza problemi nella coltre fumosa di un meridione che è atavico e nel contempo spinto da urgenze ‘moderne’ arriviste e di potere. […] Antonio, figura fantasmatica che fa prevedibilmente paura a chi gli sta intorno, non si ribella allo status quo, scuote il terreno ma solo indirettamente, finisce per adagiarvisi provando quello che gli altri volevano che provasse. […] La lenta e progressiva discesa di Antonio verso l’omologazione al pensiero catanese (cioè a dire, ai dettami di Santa Romana Chiesa, della cultura della forza e dello Stato) è messa in scena da Bolognini con carrelli dolci, perlomeno fino a quello finale, sconvolgente, sul protagonista che osserva immobile in strada l’ex moglie, appena sposatasi con un altro, andarsene in auto. Da quel momento, il regista letteralmente scende assieme ad Antonio, per una discesa che è topografica ma soprattutto morale: la camminata di Mastroianni giù per la strada che sembra addentrarsi nel cuore della città […] è simbolo non soltanto di un allontanamento dal passato prossimo, ma in special modo di un reinserimento, ovviamente il suo, in un alveo di normalità. […] E la fotografia piena di chiaro-scuri di Armando Nannuzzi si poggia sul biancore comunque ombroso di Mastroianni come a rilevarne le macchie di un cancro incipiente e sempre più velenoso: fino al riflesso finale di se stesso di fronte allo specchio, dove non c’è più alcun bianco, e il nero profondo diventa trasparenza.
Alberto Pezzotta, Pier Maria Bocchi, Mauro Bolognini, Il Castoro, Milano 2008
Restaurato in 4K nel 2017 da Compass Film Srl e da Cinématographique Lyre SaS, con il sostegno di CNC – Centre national du cinéma et de l’image animée, Istituto Luce – Cinecittà, Centro Mauro Bolognini e di Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia presso i laboratori Studio Cine e Hiventy a partire dal negativo originale.