ICH BIN EIN ELEFANT, MADAME
Sog.: dal romanzo Die Unberatenen (1963) di Thomas Valentin. Scen.: Robert Muller, Peter Zadek, Wolfgang Menge. F.: Gérard Vandenberg. M.: Herbert Taschner. Scgf.: Wieland Heitmüller. Int.: Wolfgang Schneider (Rull), Heinz Baumann (dottor Nemitz), Günther Lüders (dottor Hartmann), Margot Trooger (signora Nemitz), Maja Eigen (Billa), Tankred Dorst (Violat), GeorgMichael Fischer (Satemin), Peter Palitzsch (Fiege), Rolf Becker (Rohwedder), Kurt Hübner (signor Satemin). Prod.: Ernst Liesenhoff per Iduna Film GmbH Produktionsgesellschaft & Co. DCP. D.: 102’. Col.
Scheda Film
Il primo lungometraggio del regista teatrale Peter Zadek racconta il tentativo dei diplomandi di una scuola superiore di ribaltare la struttura autoritaria e democratizzarla. Al centro della storia c’è l’allievo Rull, che – in modo molto simile allo stesso Zadek – rifiuta ardentemente l’ordine costituito. Rull escogita continuamente nuove azioni per provocare coloro che lo circondano, e così facendo si prende gioco di professori, compagni di scuola, poliziotti e cittadini. Il suo personale movimento di protesta giunge al culmine quando dipinge una svastica sul muro del ginnasio. I suoi compagni, vedendolo minacciato di espulsione, gli dimostrano solidarietà. A Brema, nella Germania settentrionale, dove allo Staatstheater sta nascendo un nuovo linguaggio teatrale sotto la direzione di Kurt Hübner (che nel film interpreta il signor Satemin), l’enfant terrible Zadek gira quello che alcuni hanno definito un pamphlet cinematografico. Per farlo si circonda della sua famiglia teatrale, compreso Wolfgang Schneider nel ruolo del protagonista e Rolf Becker in quello dell’attivista berlinese.
Zadek, che come regista teatrale è stato altrettanto provocatorio con le sue produzioni di classici, crea qui uno dei conflitti cinematografici più intensi e complessi della generazione del 1968. Il titolo del film, ispirato al tango I Kiss Your Hand Madame, esemplifica l’atteggiamento sovversivo di Zadek nei confronti di una certa nostalgia per la cultura borghese. Con scene documentaristiche, camere nascoste e dialoghi arguti, si rivolge – troppo in anticipo sui tempi, a giudicare dal modesto tasso di affluenza degli spettatori – alla società tedesca e ai suoi giovani, sfidando sia il persistente tabù del passato autoritario che gli ideali della nuova generazione. Vincitore dell’Orso d’argento alla Berlinale.
Lou Burkart
Restaurato in 4K nel 2019 da DFF – Deutsches Filminstitut & Filmmuseum in collaborazione con Beta Film presso i laboratori Eurotape – Nordkurier TV und Studio GmbH & Co. KG a partire dal negativo camera originale e dalla colonna sonora magnetica 17,5mm. Con il sostegno di FFE – Förderprogramm Filmerbe