GIORNI D’AMORE
Scen.: Libero De Libero, Giuseppe De Santis, Elio Petri, Gianni Puccini. F.: Otello Martelli. M.: Gabriele Varriale. Scgf.: Domenico Purificato. Mus.: Mario Nascimbene. Int.: Marcello Mastroianni (Pasquale Drocchio), Marina Vlady (Angela Cafolla), Angelina Longobardi (la madre di Angela), Dora Scarpetta (Nunziata), Giulio Calì (nonno di Angela), Fernando Jacovolta (Adolfo), Renato Chiantoni (il padre di Angela), Pina Gallini (la nonna di Pasquale), Angelina Chiusano (la madre di Pasquale), Lucien Gallas (il padre di Pasquale). Prod.: Excelsa Film, Omnium International du Film DCP. D.: 103’. Col
Scheda Film
Giorni d’amore trabocca di fascino, di verve, di vitalità, di grazia, di talento, ed è comprensibile che abbia ricevuto tre o quattro premi internazionali tra il 1954 e il 1955. Il regista, Giuseppe De Santis, è uno dei grandi cineasti italiani di oggi. […] La qualità più importante di Giuseppe De Santis è, forse, il suo spiccato senso per il racconto popolare. Sa raccontare una storia con passione, sa raggiungere e commuovere il grande pubblico. […] La vivacità del narratore popolare prevale in questo delizioso racconto. La storia si sviluppa con appassionato divertimento e con un fascino pari alla giovinezza e bellezza della sinuosa Marina Vlady. L’umorismo e la poesia s’intrecciano a formare un arabesco che corona una storia di provincia tipicamente italiana […]. Il soggetto colpisce tutti, non tanto per l’aspetto pittoresco, quanto per il suo carattere universale. Non è solo a Fondi (Latina) che i ‘ragazzi che si amano’, se vogliono sposarsi e vivere insieme, si trovano di fronte a problemi insormontabili, la cui profonda tragicità è qui mitigata dall’umorismo e dall’allegria. Questi innamorati, però, non vengono dal nulla, le loro avventure si collocano in un contesto sociale ancor prima che geografico, dando luogo a una descrizione colorita, e sempre precisissima, dei contadini dell’Italia meridionale. La scelta di un soggetto preso dalla vita e la sua resa realistica non escludono né la ricerca di stile, né il lirismo. In molte scene (e in particolare nella disputa tra le famiglie) è evidente come De Santis abbia cercato una certa ‘teatralità’ nella tipizzazione dei personaggi di secondo piano, come nel montaggio e nella regia. Questa ricerca esalta il genere della commedia dell’arte al quale vuole appartenere la sua opera. Il lirismo, dal canto suo, pervade la storia d’amore e le dà uno slancio. Si arriva infine al mirabile momento, colmo di sensualità e paganesimo, dell’unione dei due giovani in riva al mare. De Santis dimostra una bravura eccezionale nel celebrare l’amore in ciò che ha di più nobile e, al contempo, esaltandone la carnalità. Il film, che ha tante qualità sotto ogni punto di vista, meriterebbe d’essere visto anche solo per questo istante.
Georges Sadoul, Un ardant conte d’amour, “Les Lettres françaises”, n. 597, 8-14 dicembre 1955
Giorni (e notti) d’amore: il ricordo di Marina Vlady
Quei Giorni d’amore per poco non diventarono vere notti d’amore. Innamorata di lui da anni, guardavo e riguardavo i suoi film, imitavo perfino le sue espressioni e i suoi gesti, vedevo in lui l’uomo per eccellenza, l’artista più seducente e irresistibile, ed ecco che insperatamente Marlon Brando mi teneva tra le sue braccia! […] Andò avanti per varie settimane: di giorno giravo, la sera mi dileguavo […]. Ignoravo allora che stavo vivendo i momenti più entusiasmanti della storia d’amore. Lui, sicuro di sé, troppo viziato, assaporava questi istanti di abbagliamento di una ragazzina appassionata come ci si concede un insolito dessert. La mattina si interpretava un’altra commedia. Quello che provavo la notte lo facevo vivere, di giorno, al mio regista, Giuseppe De Santis: trentott’anni, piccolo e magro, fumava una sigaretta dopo l’altra. […] Ci troviamo da due mesi a Fondi, un paesino del sud dell’Italia dove si svolge il film. È un autunno soffocante. La mia ‘storia d’amore’ con Brando si conclude brutalmente. Rompo dopo averlo sentito dire al telefono a un amico, parlando di me: “Finalmente me la faccio, quella ragazzina!”. Da allora mi diverto a provocare gli uomini. È così facile! […] Seduto sulla sua sedia, Marcello osserva il mio giochino non senza un certo piacere. Ne è stato vittima quando ero ancora molto innocente. Oggi vede in azione una vera strega. […] L’aiuto regista, Elio Petri, un pacioccone che adoro, diventerà poi celebre. Come tutta la troupe milita nel Partito comunista italiano. […] La sera, dopo il lavoro, ritrovo le discussioni che sentivo a casa a Clichy, quando mio padre bevendo il suo bel tè bollente cambiava il mondo! È un ambiente allegro, fraterno, stimolante. Si ha l’impressione di vivere la vita pienamente, di poter cambiare il corso delle cose… Mi diverte molto anche il potere che ho scoperto di esercitare sugli uomini. L’avevo interpretato, senza capirlo bene, nelle Infedeli. Sento ancora le esortazioni di Monicelli: “Vai, fallo morire!”. Non voglio spingermi fino a questo punto, ma non mi è mai dispiaciuto lasciar ‘marinare’ un po’ gli uomini.
Marina Vlady, 24 images/seconde, Fayard, Parigi 2005
Video intervista con Marina Vlady durante il Cinema Ritrovato 2018