A BIGGER SPLASH
Scen.: Jack Hazan, David Mingay. F.: Jack Hazan. M.: David Mingay. Mus.: Patrick Gowers. Int.: David Hockney, Peter Schlesinger, Celia Birtwell, Henry Geldzahler, Mo McDermott, Kasmin, Mike Sida, Ossie Clark, Patrick Procktor. Prod.: Jack Hazan per Buzzy Enterprises Ltd. DCP. D.: 105’. Col.
Scheda Film
Benché vi figurino persone vere con i loro veri nomi ed eventi che in linea di massima corrispondono a fatti reali, il film d’esordio di Jack Hazan deve alla finzione almeno tanto quanto al documentario nel suo tentativo di trasmettere la vita interiore di un uomo che era già allora uno degli artisti britannici più celebrati. Trattandosi di un film che mette a nudo così tanto (fin troppo letteralmente, in una scena), lo stesso David Hockney nutriva sentimenti contrastanti riguardo al risultato finale, tanto che propose all’autore di acquistare il negativo.
Il film non tenta nemmeno di identificare i suoi personaggi al di là dei titoli di testa con sullo sfondo i disegni di Hockney. Alcuni erano già nomi famosi, compreso Hockney stesso, lo stilista Ossie Clark e la designer di tessuti Celia Birtwell (i soggetti di uno dei dipinti più noti di Hockney, Mr and Mrs Clark and Percy, inquadrato brevemente nel film), mentre altri – come l’ex amante di Hockney, Peter Schlesinger, e l’assistente e confidente Mo McDermott – erano sconosciuti al di fuori delle loro cerchie.
C’è molto materiale interessante per gli ammiratori attuali di Hockney, non da ultimo le lunghe sequenze che lo ritraggono mentre crea e rielabora il quadro del 1971 Portrait of an Artist (Pool with Two Figures), nel quale Schlesinger è una delle due figure. Altri soggetti, come l’artista Patrick Procktor e il curatore newyorkese Henry Geldzahler, appaiono incorniciati e presentati in modo da riflettere i rispettivi ritratti.
Tuttavia Hazan voleva anche che il suo film rappresentasse, per coloro che non conoscevano Hockney o la sua opera, una semplice storia sulla fine di una relazione, sebbene il fatto che si trattasse di una relazione omosessuale rendesse il film molto più insolito per l’inizio degli anni Settanta di quanto lo sarebbe oggi, non da ultimo perché l’omosessualità è trattata in maniera molto diretta, senza l’angoscia melodrammatica che caratterizza film di finzione come Victim (1961) di Basil Dearden o Sunday Bloody Sunday (Domenica, maledetta domenica, 1971) di John Schlesinger. Gli interludi omoerotici sono efficacemente integrati nella storia principale: una scena con quattro giovani e una piscina è direttamente ispirata al quadro del 1967 da cui il film prende il titolo.
Convinto di aver aperto una nuova via per il documentario, Hazan usò la stessa tecnica in Rude Boy (1980), dopo il quale la sua carriera entrò in stallo, anche se è possibile distinguere molti echi dei suoi film nei tanti odierni reality televisivi che vedono la partecipazione di celebrità e dove la distanza tra personaggio e persona è altrettanto difficile da misurare.
Michael Brooke, “BFI Screenonline”