VORSTADTVARIETÉ
[Varietà di provincia] T. alt.: Die amsel von lichtental. T. int.: Suburban Cabaret. Sogg.: dalla pièce Der Gemeine di Felix Salten. Scen.: Werner Hochbaum, Ernst Neubach. F.: Eduard Hoesch. M.: Ludolf Grisebach. Scgf.: Alfred Kunz. Mus.: Anton Profes. Int.: Mathias Wieman (Josef Kernthaler, Bauzeichner), Frida Richard (madre di Josef), Hans Moser (padre di Josef), Luise Ullrich (Mizzi), Oskar Sima (Franz), Olly Gebauer (Sophie), Anton Pointner (tenente Höfelmeyer), Otto Hartmann (luogotenente von Daffinger). Prod.: Styria-Film, GmbH Wien. 35mm. L.: 2616 m. D.: 96’
Scheda Film
Il primo dei quattro film girati da Hochbaum in Austria è tratto da un soggetto inconfondibilmente viennese, l’opera teatrale di Felix Salten Der Gemeine, ritratto di un’epoca di transizione e insieme feroce critica del militarismo. Hochbaum conserva il tema e l’atmosfera dell’originale ma li sposta in avanti nel tempo, scelta che può essere anche letta come un commento al regime autoritario austriaco: il film è ambientato nel 1913, all’approssimarsi della Prima guerra mondiale. Vienna, che nel cinema degli anni Trenta ama apparire incantevole, cosmopolita e leggermente frivola, in Vorstadtvarieté si presenta come un luogo di (auto)inganni, di sfacciato opportunismo e di sogni spezzati. La storia ha inizio nell’atmosfera gaudente e gioiosa del parco dei divertimenti del Prater. Mizzi Ebeseder, figlia di celebri cantanti di cabaret, sogna di fare l’artista nel teatro di varietà di famiglia. Adora cantare. Il suo fidanzato, il disegnatore tecnico Josef Kernthaler, le dà però un ultimatum: se sceglierà il palcoscenico sarà la fine del loro amore. Il conflitto si acuisce quando Josef viene arruolato nell’esercito. Il lassismo morale dei camerati, l’economia dei desideri e l’ambiente frivolo e vistoso del teatro lo paralizzano. Il suo mondo privo di sfumature inizia a incrinarsi e la resa dei conti si avvicina. Con le sue richieste, Josef mette Mizzi con le spalle al muro. Lei si sente mancare la terra sotto i piedi, vacilla, esita tra il varietà e la promessa di matrimonio, tra la città e la campagna, tra il costume di scena e l’uniforme militare. Il suo spazio vitale si restringe, e non solo il suo. A tutto ciò Hochbaum risponde con lo sguardo attento di una macchina da presa mobilissima che crea i propri spazi lirici, si fissa sui volti, insegue i dettagli visivi “perché è più facile fotografare le cose che le emozioni”: è questa la lezione che il regista ha appreso dal teorico del cinema che più stima, Béla Balázs. La censura non permise a Hochbaum di esprimere liberamente la propria visione cinematografica di Vienna. L’epilogo tragico dovette essere reinterpretato in chiave lieta, e il sottotitolo del film fu eliminato. Avrebbe dovuto essere Un canto dell’umanità austriaca.
Elisabeth Büttner