UMIRAJUŠČIJ LEBED’

Evgenij Bauer

Scen.: Zoja Barancevič. F.: Boris Zavelev. Int.: Vera Karalli (Gizella), Aleksandr Cheruvimov (padre di Gizella), Vitol’d Polonskij (Viktor Krasovskij), Andrej Gromov (Valerij Glinskij), Ivan Perestiani (amico di Glinskij). Prod.: Aleksandr Chanžonkov. 35 mm. L.: 1019 m. D.: 55’ a 16 f/s. Bn

info_outline
T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

La sceneggiatura di Umirajuščij lebed’, pensata su misura per l’étoile del Bolšoj Vera Karalli, fu scritta da Zoja Barancevič, attrice per gli studi cinematografici di Aleksandr Chanžonkov e – come molti altri attori del periodo prerivoluzionario – occasionalmente sceneggiatrice. Il film narra della ballerina muta Gizella Raccio, che conquista la celebrità sui palcoscenici internazionali ma soffre le pene dell’amore tradito. Un pittore ossessionato dalla morte, Glinskij, è colpito dal suo stile malinconico e struggente. Il ritratto di Gizella, nelle intenzioni dell’autore, dovrà incarnare la morte stessa. Ma la ballerina è nuovamente felice per il ritorno dell’innamorato, e il suo volto è illuminato dal sorriso. Il pittore uccide allora Gizella per portare a compimento la propria opera.
Il film, girato durante un viaggio di lavoro di Chanžonkov al sud, inaugurò il successo commerciale delle pellicole ambientate in Crimea e nel Caucaso. Il regista Evgenij Bauer lavorò in esterni, sfatando il mito che lo voleva esclusivamente legato ai teatri di posa. Il movimento, la visionarietà, il soggetto costruito attorno a una bellezza ‘muta’ che reca su di sé il marchio della morte: Bauer raccoglie l’intera gamma delle suggestioni simboliste evocate dal cinema e la riversa nel suo film. Una decina d’anni dopo, l’operatore Boris Zavelev, che nel 1927 girò Zvenigora con Aleksandr Dovženko, disse di considerare la propria collaborazione con Bauer il culmine della sua professione cinematografica.
La stampa esaltò le danze della Karalli, canto del cigno del balletto classico moscovita. Come confermò Chanžonkov nelle sue memorie, la Karalli era la beniamina del pubblico e non c’era villaggio russo in cui non si attendessero con trepidazione i suoi film. Anche se agli attori dei teatri imperiali era fatto divieto di apparire al cinema, Vera Karalli continuò a collaborare con gli studi cinematografici “fiduciosa che fosse il balletto moscovita ad avere bisogno di lei, più che il contrario”.
Alisa Nasrtdinova

Copia proveniente da