THE PATSY

Jerry Lewis

Scen.: Jerry Lewis, Bill Richmond. F.: W. Wallace Kelley. M.: John Woodcock. Scgf.: Hal Pereira, Cary Odell. Mus.: David Raksin. Int.: Jerry Lewis (Stanley Belt), Everett Sloane (Caryl Fergusson), Ina Balin (Ellen Betz), Keenan Wynn (Harry Silver), Peter Lorre (Morgan Heywood), John Carradine (Bruce Alden), Phil Harris (Chic Wymore), Hans Conried (Dr. Mule-rrr), Phil Foster (Mayo Sloan), Richard Deacon (Sy Devore). Prod.: Ernest D. Glucksman per Patti Enterprises. 35mm. D.: 101’. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Io non riesco a capire come sia possibile rappresentare la realtà in bianco e nero. Dalla nascita alla morte, dal sangue che cola dal naso a un incidente stradale con una Mercedes Benz blu, fino alla sepoltura in una bara verde, la vita è a colori. In un certo senso non è mai esistito il bianco e nero vero e proprio ma solo il film con tutte le sfumature del grigio. […] Io ho un metodo a buon mercato per determinare gli accostamenti. Compro fazzoletti di tinte diverse e poi faccio delle prove per vedere cosa mi disturba. Sullo schermo i risultati possono poi contraddirvi, ma è un rischio che decido di correre anche perché le ipotesi del regista sono altrettanto valide di quelle del direttore della fotografia o dello scenografo. […] Ho visto scenografi disegnare set, scegliere i colori e al momento dell’allestimento urlare: “Aggiungi del bianco. C’è troppo blu”. Ma in definitiva stavate lavorando con un blu smorto, una tinta pastello. Per carità! Sono i postumi dell’epoca del bianco e nero, giorni in cui tutti i tappeti erano marrone scuro e le pareti verde chiaro. Ma non è finita con le regole: i film gialli devono avere colori cupi. Io penso invece che dovrebbero essere più colorati delle commedie. Ma con la smania continua di attenuarli si finisce sempre per ottenere colori slavati, seppia o mezze tinte. Il colore fa parte della magia, è la forza del cinema, e si dovrebbe usare esattamente in questo senso.

Jerry Lewis, Scusi dov’è il set? Confessioni di un film-maker, Arsenale editrice, Venezia 1982

Più di qualsiasi altro clown della sua generazione, Jerry è consapevole del rinnovamento perpetuo delle leggi che governano le gag. Sperimenta continuamente, e con furore, nuovi modi di esprimersi. […] In The Patsy si confronta con l’essenza stessa della risata e realizza un intero film sul fiasco, sul fallimento del processo comico. […] Un attore famoso muore in un incidente aereo. Per continuare a portare a casa la pagnotta i suoi manager decidono di creare un sostituto. Scelgono (a caso) il fattorino di un albergo, un bravo ragazzo chiamato Stanley, piuttosto imbranato e ridicolo, e gli inculcano l’arte della risata. Ahinoi! Con lui tutti i segreti del mestiere fanno cilecca: gli manca la scintilla, il dono della comicità. […]
The Patsy è plasticamente sontuoso: il lavoro sui colori, opera dello splendido operatore Wallace Kelley, è una delizia per la sua modernità sottilmente aggressiva. Finalmente, nelle ultimissime immagini del film, è Jerry stesso, da perfetto figlio d’arte, a operare la propria ‘distanziazione’. Smonta un pezzo della scenografia ed esce dall’inquadratura per rivelarci le quinte del suo set, con le cineprese e le maestranze: “Lo spettacolo è finito, era solo un film”. Quest’ultima piroetta non dissimula la serietà dell’opera. Essa tende anzi a rivelarla. Forse temendo di essersi troppo confessato, troppo svelato, Jerry sente il bisogno di minimizzare l’autoanalisi. Non lo imiteremo di certo: tanto di cappello. Tutto ciò è geniale.

Robert Benayoun, Bonjour Monsieur Lewis, Eric Losfeld, Parigi 1972

Copia proveniente da

Per concessione di Paramount.
Copia originale 35mm dye transfer Technicolor