The Man In Grey

Leslie Arliss

T. It.: L’uomo In Grigio; Sog.: Doreen Montgomery Tratto Dal Racconto Originale Di Lady Eleanor Smith; Scen.: Leslie Arliss, Margaret Kennedy; F.: Arthur Crabtree; Mo.: R.E. Dearing; Scgf.: Walter Murton; Mu.: Cedric Mallabey; Int.: Margaret Lockwood (Hesther), James Mason (Lord Rohan), Stewart Granger (Rokeby), Phyllis Calvert (Clarissa), Harry Scott (Toby), Martita Hunt (Miss Patchett), Helen Haye (Lady Rohan), Beatrice Varley (Gipsy), Raymond Lovell (Principe Reggente); Prod.: Edward Black Per Gainsborough Pictures; Pri. Pro.: 23 Agosto 1943; 35mm. D.: 112′. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

“La preghiera metterà fine a questo increscioso spettacolo!” grida l’insegnante Martita Hunt, dopo aver sorpreso i suoi allievi intenti a lanciarsi palle di neve. Molti critici britannici hanno avuto lo stesso pensiero nel guardare questo e gli altri melodrammi della Gainsborough Pictures durante e dopo la seconda guerra mondiale. Uno dei critici più taglienti, James Mason, prese di mira Lord Rohan – l’uomo accigliato sempre vestito in un elegante frac grigio – per un ruolo che detestava particolarmente. Ma il pubblico adorava il film perché era frutto dell’adattamento di un romanzo dell’eccentrica Lady Eleanor Smith. Non è difficile capire perché: dopo una guerra di quattro anni il pubblico femminile aveva un disperato bisogno di evasione e di colore, e il periodo della reggenza e degli eccessi dell’aristocrazia (intorno al 1810) si era rivelato lo scenario perfetto. Gentiluomini dal cuore di pietra e donne avide in abiti scollati che balzano dalle pagine dei romanzi popolari sul grande schermo per mentire, ingannare, rubare e uccidere. Sessanta anni più tardi il loro fascino non è sbiadito. Seguiamo Margaret Lockwood nei panni della mendace Hesther che si insinua nel matrimonio senza amore della sua ingenua amica del cuore Phyllis Calvert; ci lasciamo rapire dalle stridenti dinamiche sessuali, come il morso della Lockwood sulla mano di Mason che incita l’uomo a baciarla prepotentemente. Con modi totalmente diversi, i melodrammi della Gainsborough hanno svolto la stessa funzione dei film horror della Hammer di una decina di anni dopo: hanno fatto emergere il sesso e la violenza che gli inglesi nascondevano dietro le tazze di tè e la repressione delle emozioni. Alla sua prima prova di regia, dopo anni da sceneggiatore, Leslie Arliss non compie miracoli ma il film possiede una notevole carica visiva, spesso generata dalle riprese di Arthur Crabtree che macchia i personaggi con il bagliore del fuoco e dona ai set una lucentezza sensuale. Da notare anche lo spettacolo di Stewart Granger – nei panni di Rokeby, lo spirito libero – nuovo al mondo del cinema, come si vede, ma dalla mascolinità tanto arrogante che balza fuori dallo schermo. È da segnalare, infine, l’ultima sorpresa, quando la struttura moderna della storia riappare e la cinepresa mostra un’autentica location del 1943: una strada di Londra in tempo di guerra con un camioncino parcheggiato, auto, pedoni e un autobus che passa. Forse il momento più scioccante del film.

Geoff Brown

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