L’età d’oro del melodramma
Il momento di gloria: il melodramma dopo la Seconda Guerra Mondiale
Alcuni di questi registi molti di noi li conoscono bene: Frank Borzage, Emilio Fernández, Jean Grémillon. Alcuni invece sono sconosciuti: Hasse Ekman, Teuvo Tulio, forse anche Leslie Arliss e più probabilmente Raffaello Matarazzo, figura fondamentale e affascinante, probabilmente poco nota perfino agli specialisti. Eppure i loro film risultano tutti ugualmente convincenti e le storie che essi raccontano costituiscono una sorta di mosaico di un periodo eccezionale, un’epoca traumatica in cui sogni e utopie compensavano con forza ipnotica le tante cose andate perdute. Douglas Sirk, maestro che si era dedicato a questo genere soprattutto negli anni Trenta per poi ritornarvi negli anni Cinquanta, ma non durante il periodo da noi preso in considerazione, ne aveva dato la migliore definizione possibile chiedendosi: “La vita non è forse il più bello dei melodrammi?”
C’era qualcosa con cui il realismo semplicemente non riusciva a fare i conti. In una situazione d’insieme in cui tutto era melodramma, lo squallore imperante non riusciva a cogliere completamente il carattere dei tempi, i sogni quotidiani e allucinati che dovevano per forza esistere per questioni di pura e semplice sopravvivenza. C’era la produzione Gainsborough che si opponeva a Brief Encounter (Breve incontro), Grémillon a Daquin, o lo specialista del genere Borzage ai “realisti” Zinnemann e Dmytryk – tutti ugualmente importanti e degni di non minore interesse.
Si trattava di un’esperienza sul campo, in cui la differenza tra la vita e la morte era costantemente davanti agli occhi di tutti. La vita era in bilico, sempre fragile, quando non scompariva nonostante tutti i documenti e le prove “reali”. Il semplice fatto di essere ancora vivi era la più strana delle coincidenze. Ogni momento poteva essere l’ultimo. Il tempo dei brevi incontri, laddove non c’era posto per la felicità duratura. I bombardamenti avevano cambiato tutto in un attimo. Era un’epoca in cui anche una persona a cui la vita non aveva sottratto nulla se non la routine, avrebbe potuto ritrovarsi colpita a tradimento dalla più sfrenata casualità. In questo stato di cose la prospettiva di un’intera esistenza poteva essere in breve tempo rovesciata. Il denominatore comune era il melodramma, genere scelto da Raffaello Matarazzo e colleghi. In molti paesi fu un fenomeno successivo alla Seconda Guerra Mondiale e conobbe questi toni soltanto in quel particolare momento.
Peter von Bagh