THE DRIVER

Walter Hill

Scen.: Walter Hill. F.: Philip Lathrop. M.: Tina Hirsch, Robert K. Lambert. Scgf.: Harry Horner, David Haber. Mus.: Michael Small. Int.: Ryan O’Neal (il guidatore), Bruce Dern (il detective), Isabelle Adjani (la giocatrice), Ronee Blakley (l’intermediaria), Matt Clark (primo poliziotto in borghese), Felice Orlandi (secondo poliziotto in borghese), Joseph Walsh (Occhiali), Rudy Ramos (Mascelle). Prod.: Lawrence Gordon per Twentieth Century-Fox Film Corp., EMI Films. DCP. D.: 91’. Col. 

 

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Il secondo film di Walter Hill, The Driver, lo vidi da adolescente a tarda notte sulla BBC, seduto probabilmente troppo vicino allo schermo. Il fatto che quella scheggia neo-noir del 1978 si svolga quasi interamente sulle strade buie e deserte del centro di Los Angeles lo rende un perfetto film di mezzanotte. Lo scoprii dopo aver apprezzato i successi più tardi di Walter, 48 ore e I guerrieri della notte, e grazie a una breve scheda di Leonard Maltin che ne segnalava i “fantastici inseguimenti d’auto”. Tanto bastò a farmi rimanere alzato per guardarlo, anche se l’indomani avevo scuola. Ma novantuno minuti dopo ero completamente stregato da questo capolavoro compatto e minimalista in cui Ryan O’Neal è l’autista al servizio della mala (noto solo come The Driver) e Bruce Dern è il poliziotto (noto come The Detective) che gli dà la caccia. L’influenza del film sui videogiochi è chiarissima, e al cinema il suo stile riecheggia nelle opere di Michael Mann, James Cameron, Quentin Tarantino, Nicolas Refn, e adesso anche nel mio Baby Driver.

Edgar Wright, in Edgar Wright and Walter Hill Discuss The Driver, “Empire”, 10 gennaio 2022

 

Intervistato da Patrick McGilligan in Backstory 4, Walter Hill ha parlato della “rivelazione” avuta leggendo la sceneggiatura di Alex Jacob per il classico di John Boorman Point Blank (1967) […] Hill ammirava moltissimo Point Blank, ma il lavoro di Jacob gli fece scoprire un nuovo modo di scrivere: “Laconico, ellittico, più allusivo che esplicito, audace nello stile editoriale implicito”. E ispirandosi a quel modello Hill adottò nella scrittura e nella direzione una parsimonia per certi versi vicina a quella della poesia haiku. Nei momenti migliori le sceneggiature e le regie di Hill sono compatte come un pugno chiuso: non una sola parola sprecata nei dialoghi e una semplicità di espressione che si estende dallo sviluppo dei personaggi alle compatte sequenze d’azione su cui il regista ha costruito la sua reputazione. […] Hill rese il proprio stile ancora più essenziale a partire dal suo film successivo, The Driver, esercizio di genere quasi zen che fonde la sensazionale coreografia delle scene d’azione con un minimalismo degno di Le Samouraï di Jean-Pierre Melville. Fino a dove si spinge, quel minimalismo? Nessuno dei personaggi ha un nome. A identificarli è semplicemente la loro occupazione […] Le vere star del film, però, sono le magistrali scene di inseguimento che attraversano la distesa urbana di Los Angeles, spesso girate ad altezza paraurti per amplificare la sensazione di velocità e pericolo. Ecco un regista che stava trovando il proprio stile armonizzando la decostruzione del genere operata da registi come Melville, Monte Hellman e Sam Peckinpah con i film commerciali a forte impatto di John Frankenheimer o William Friedkin.

Scott Tobias, “AV Club”, 14 aprile 2011

 

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