THE DEEP BLUE SEA

Anatole Litvak

Sog.: dalla pièce omonima (1952) di Terence Rattigan. Scen.: Terence Rattigan. F.: Jack Hildyard. M.: A.S. Bates. Scgf.: Vincent Korda. Mus.: Malcolm Arnold. Int.: Vivien Leigh (Hester Collyer/Hester Page), Kenneth More (Freddie Page), Eric Portman (Miller), Emlyn Williams (Sir William Collyer), Moira Lister (Dawn Maxwell), Arthur Hill (Jackie Jackson), Dandy Nichols (Mrs. Elton), Jimmy Hanley (Dicer Durston). Prod.: Anatole Litvak per London Film Productions, Ltd., Twentieth Century-Fox Film Corp. DCP. D.: 98’. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Il più raro dei film di Anatole Litvak s’incentra su Hester, una donna di mezza età il cui tentato suicidio all’inizio della storia dà il via a due flashback, uno dal punto di vista del marito altoborghese che ha lasciato e l’altro dal punto di vista dell’amante più giovane, un volubile ex pilota della RAF. Tornato nel presente, il film ruota attorno al disperato tentativo di Hester di riconquistare l’amante per poi rendersi conto che desidera qualcosa che non può avere.
Raggiunto un accordo tra il produttore Alexander Korda e la Fox, The Deep Blue Sea fu adattato dal celebre dramma omonimo di Terence Rattigan, autore anche della sceneggiatura sotto la supervisione di Litvak. Realizzando un film più statico del solito, Litvak supera i limiti del suo primo lavoro in CinemaScope (una prima volta anche per il cinema britannico) gestendo con creatività il Kammerspiel: per esempio divide lo schermo in parti uguali per mezzo di porte e altri elementi verticali. Descrive così un mondo soffocante di sogni infranti (un medico divenuto allibratore, un’attrice disoccupata e ficcanaso) con un esito emotivo per certi versi più forte rispetto alla versione del 2011 di Terence Davies.
Quando Marlene Dietrich rifiutò il ruolo di Hester, fu scelta Vivien Leigh, che non girava un film dal 1951 ma era legata a Litvak da un’amicizia che risaliva alla fine degli anni Trenta. A detta di tutti, Leigh era troppo bella per interpretare una donna che doveva essere poco attraente, ma l’attrice si rivelò convincente e la sua stessa malattia mentale, sempre più problematica, entrò in risonanza con il suo personaggio. Kenneth More, che interpretava l’amante ed era l’unico attore proveniente dalla produzione londinese dell’opera teatrale, ebbe maggiore successo e vinse il premio per il miglior attore alla Mostra di Venezia.
Litvak mette in scena impulsi incontrollati senza farli apparire patetici. Non c’è cattiveria intenzionale nel modo in cui i personaggi si feriscono a vicenda, ma tutto va sempre nel peggiore dei modi. Quando la speranza muore, la polvere dei ricordi la oscura fino a renderla irriconoscibile. C’è una tristezza profonda nella consapevolezza che l’amore sta svanendo, scena dopo scena. Il trattamento di Litvak è magistrale.

Ehsan Khoshbakht

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