THE ANGELIC CONVERSATION

Derek Jarman

F.: Derek Jarman, James MacKay. Mu.: Coil ( John Balance, Peter Christopherson ), Benjamin Britten. M.: Cerith Wyn Evans, Peter Cartwright. Sonetti di Shakespeare recitati da: Judi Dench. Cast: Paul Reynolds, Philip Williamson. Prod.: James MacKay; 35mm. da Super 8mm. D.: 78’. Col

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

«È una storia d’amore tra due uomini che si svolge attraverso un paesaggio onirico, passando dalla desolazione industriale dell’isola di Grain a Dancing Ledge, nel sud dell’Inghilterra. Con essa si intrecciano i sonetti di Shakespeare. Il tempo ticchetta senza rimorsi nella colonna sonora, mentre il film scivola come i secondi di un vecchio orologio. Si stacca dalla narrazione, puntando verso la musica». (Derek Jarman, dal materiale pubblicitario per il film)

Originariamente il film era una lettura junghiana del poema angolossassone The Wanderer, il più antico canto d’amore omossesuale ritrovato in Gran Bretagna. Durante il montaggio il simbolismo delle immagini acquista per Jarman un senso nuovo. Con The Angelic Conversation Jarman utilizza per la prima volta in un lungometraggio sia il nastro magnetico sia la pellicola, realizzando il primo di una serie di ibridi preannunciati da Imagining October. «Il video ti offre una tavolozza come se fossi un pittore», afferma Jarman. È il video, infatti, che dà la possibilità di giocare con le diverse tonalità dell’immagine per ottenere soluzioni cromatiche insolite, come aveva già dimostrato Antonioni con Il Mistero di Oberwald (1980). Inoltre, proiettando intere sequenze alla velocità di 3-4 fotogrammi al secondo, l’autore attribuisce alle immagini filmiche un’altra proprietà tipica del quadro: la sospensione del tempo. In questo modo giunge alla formulazione teorica di un cinema dei piccoli gesti, così espressa dallo stesso Jarman: «Il singolo fotogramma sollecita ad un’estrema attenzione, una concentrazione che è voyeuristica. Il tempo sembra sospeso, il minimo movimento risulta amplificato. Questa è la ragione per cui lo chiamo un cinema dei piccoli gesti.»

Gianmarco del Re

Copia proveniente da