Sans Lendemain

Max Ophuls

T. int.: Without Tomorrow. Scen.: Hans Wilhelm, Curt Alexander, Max Ophuls. Dial.: André-Paul Antoine. F.: Paul Portier, Eugen Schüfftan. M.: Jean Sacha, Bernard Séjourné. Scgf.: Eugène Lourié, Max Douy. Mus.: Allan Gray. Int.: Edwige Feuillère (Evelyne), Georges Rigaud (Georges), Daniel Lecourtois (Armand), Georges Lannes (Paul Mazuraud), Michel François (Pierre), Paul Azaïs, (Henri), Gabriello (Mario), Pauline Carton (la domestica), Mady Berry, (la portinaia), Jacques Erwin (Hermann), Jane Marken (Madame Béchu). Prod.: Gregor Rabinotich per Ciné-Alliance. Pri. pro.: 22 marzo 1940. 35mm. D.: 82′. Bn.

info_outline
T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

La fine degli anni Trenta, i primi anni di Max Ophuls. Perché non scegliere allora De Mayerling à Sarajevo (il cui bruciante soggetto è in fondo così pertinente, e che per di più fu girato in parte prima e in parte dopo lo scoppio della guerra), o magari Werther (film ossessionato dalla questione dei rapporti franco-tedeschi, e realizzato nell’anno-limite 1938, nel periodo dei ‘falsi’ allarmi prebellici)? La scelta cade su Sans lendemain per via della sua fragilità, e perché se vogliamo parlare seriamente di Storia, dobbiamo lasciarvi entrare la verità del migliore melodramma – dunque, insieme al tedesco Liebelei e all’italiano La signora di tutti, Sans lendemain merita di essere ricordato come il capolavoro nel canone ophulsiano degli anni Trenta. Il film si svolge nel mondo della prostituzione (in un modo che, forse, lo avvicina a Mizoguchi più che a qualsiasi altro film di Ophuls), e si concentra sulla storia di Evelyne Morin (Edwige Feuillère); lo sguardo ravvicinato si spalanca su un universo che lo stesso Ophuls descrive così: “Sans lendemain è nato dalle mie impressioni parigine, da sensazioni e da episodi vissuti nel corso di molte notti, in luoghi e tra personaggi la cui sola evocazione sarebbe motivo di scandalo per il buon borghese. Sono sempre stato attirato dal mondo dei protettori e delle ragazze, questo universo nel quale riposano tanti militi ignoti dell’amore… ho spesso sognato di fare un film dedicato a questo tema. Un film la cui sceneggiatura avrebbe dovuto essere quella d’un moderno Maupassant”. Evelyne incontra il suo grande amore di dieci anni prima; non vuole dirgli perché allora se ne andò, né gli rivela il suo presente di schiava sottomessa a un ruffiano. È un intreccio complicato, in cui si respira un’aria di letteratura classica, ed è molto più di questo: la storia d’una menzogna che sprofonda nel vano desiderio di vivere e amare onestamente. Con suprema oggettività Ophuls definisce qui le gabbie della memoria e di un’altra schiavitù, il tempo che passa e ci consuma: “Sei sicura di non potergli dire la verità?”. “Mai. Devo vivere la mia bugia fino alla fine”. Come sempre in Ophuls, ogni cosa è palpabile non solo nel racconto, ma in modo ancor più inciso nella mise-en-scène, sostenuta anche in questo caso dall’uso sapiente, coinvolgente dei flashback. Gli snodi della storia vengono affrontati, le ragioni vengono meditate nel succedersi di diverse angolazioni, diversi punti di vista; un contrappunto musicale di solitudini e un’ironica apparenza di oggettività che si ripresenterà due anni dopo, salutata da ben altro clamore critico, nel Quarto potere di Welles. Tutto questo colloca Ophuls tra gli inventori di forme del cinema moderno, eppure non sta qui l’essenziale – basti dire che Sans lendemain è un film di intensità tragica e, nelle parole di un recensore coevo, “un film ammirevole, intriso di poesia e di mistero”.

Peter von Bagh

Copia proveniente da