OPFERGANG

Veit Harlan

Sog.: dal romanzo di Rudolf G. Binding; Scen.: Veit Harlan, Hans Radtke; F.: Bruno Mondi; Mo.: Friedrich Karl von Puttkamer; Scgf.: Eric Holder; Mu.: Hans-Otto Borgmann; Su.: Heinz Martin; Int.: Carl Raddatz (Albrecht Froben), Kristina Söderbaum (Äls Flodéen), Irene von Meyendorff (Octavia Froben), Franz Schafheitlin (Matthias), Ernst Stahl-Nachbaur (Terboven), Otto Treßler (Senatore Froben), Annemarie Steinsieck (Sig.ra Froben), Edgar Pauly (domestico), Charlotte Schultz (bambinaia), Ludwig Schmitz, Frida Richard (Sig.ra Steinhamp), Paul Bildt; Prod.: Universus Film (UFA); Pri. pro.: 2 ottobre 1944 
35mm. L.: 2552 m. D.: 93′. Col.

 

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Alcuni potrebbero attribuire al film un certo fondo di ideologia nazista, nondimeno resta il fatto che per la sua forma Opfergang sia uno dei più bei melodrammi girati nel periodo 1933-1945. Certo, i suoi personaggi sono caratterizzati in modo marcato: ma non lo sono sistematicamente in questo genere di cinema? Curiosamente, il tema dell’adulterio costituisce qui l’argomento principale del film, mentre un simile soggetto non era particolarmente gradito fra le tematiche naziste. In seguito, Harlan si spinge fino ad un’accettazione implicita di questo “ménage à trois” quando, quasi alla fine del film, Octavia prende il posto di suo marito per andare a salutare Aels. Tutto ciò rientra nella grande tradizione del mélo dove non manca nulla: dimore sontuose, l’eroina che suona il piano in un interno borghese… Forse si potrebbe rimproverare a Harlan, che qui rifiuta l’ideologia guerriera, l’aspetto un po’ puerile di certi effetti ma non si deve dimenticare che si tratta di un’opera tipicamente germanica che obbedisce a certi temi popolari, non per forza i nostri. Girato nel 1944, in pieno caos, il film apportava una sorta di sogno sublimato a cui lo spettatore tedesco, che stava vivendo un incubo reale di cui egli stesso era in parte responsabile, domandava un ultimo rifugio.

(Daniel Collin, Guide des films, a cura di Jean Tulard, Robert Laffont, Parigi 1990)

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