Olympia 52
F.: Chris Marker, R. Cartier, J. Sabatier, J. Dumazedier. M.: Suzy Benguigui. Int.: Joffre Dumazedier (voce narrante), Paavo Nurmi, Emil Zátopek, Alain Mimoun (se stessi). Prod.: Peuple et Culture. Digibeta. D.: 104’. Bn.
Scheda Film
La prima parte del film è Helsinki durante le Olimpiadi: lo stadio, la città gli alloggiamenti degli sportivi, ecc… Lì soprattutto, si esercita il gusto dell’autore per gli accostamenti inaspettati, la sua predilezione per i dettagli significativi. La seconda parte del film, la più lunga, è un reportage sulle gare più importanti. Per un non sportivo è spesso fastidiosa, ma molto spesso l’interesse che scema è ridestato dall’aspetto umano di quella data gara, e gli sportivi smettono di es-sere delle macchine per diventare degli esseri umani. Il commento si ferma un istante per salutare un atleta che abbandona, per ricordare che è una carriera che si interrompe, e un vero e proprio omaggio allo sforzo umano si sostituisce a un reportage impersonale. Altrove il tono si fa lirico per celebrare gli exploit di Emil Zátopek, ma è per insistere sul valore morale dello sforzo del grande atleta, per cercare di attenuare la leggenda che fa di quest’uomo una macchina. Infine gli atleti non sono sempre mostrati in pieno sforzo: li vediamo agli allenamenti, e visti da più vicino acquistano un’umanità che lo scenario del grande stadio con la sua folla, le piste impeccabilmente tracciate tendono a volte a dissimulare. Tutto ciò annuncia, ancora timidamente, il carattere profondamente umano dell’opera di Chris Marker, che orienta la macchina da presa verso dei volti piuttosto che verso la folla anonima. Il commento infine preannuncia quelli dei film successivi e, a tratti, la fronte di Chris Marker infrange la maschera ristretta del cineamatore. Non manca niente: lo humour e le citazioni (ad esempio il tentativo della giovane Barbara che interviene all’improvviso al microfono “grondante d’acqua, radiosa sotto la pioggia” per predicare, contro ogni buon senso, la fraternità tra i popoli), un certo lirismo (la giovane atleta nera che, di superlativo in superlativo, diventa al termine della corsa “la piu bella ragazza del mondo”), un’unione profonda tra l’immagine e le parole.
Georges Guy, “Image et Son”, n. 161-162, aprile-maggio 1963