NEPOSLUŠNYJ KOTËNOK
Sog.: tratto da un racconto di Ivan Belyšev. Scen.: Mstislav Paščenko. F.: A. Astaf’ev. Animazione: Boris Dëžkin, Valentina Vasilenko. Mus.: Karen Chačaturian. Prod.: Sojuzmul’tfil’m · 35mm. Col.
Scheda Film
Vittima negli anni Trenta e Quaranta di una serie di campagne contro il formalismo, il cinema d’animazione sovietico perse praticamente tutti i contatti con l’avanguardia, ed erano legami solidi. Alla fine degli anni Quaranta l’arte doveva essere realistica e ‘tipica’. Per non correre rischi, gli animatori usavano il più possibile il rotoscopio. Insigni attori teatrali (preferibilmente del Teatro d’arte di Mosca) recitavano davanti alla macchina da presa e gli animatori dovevano solo ricalcare le scene, senza alcuna stilizzazione.
Neposlušnyj kotënok è a prima vista un innocente racconto esemplare con una morale semplice semplice: i piccoli devono ubbidire e stare a casa con i grandi. Eppure tra i registi il cortometraggio fece scalpore, e per il cinema d’animazione è giustamente considerato un punto di svolta, al pari di Il ritorno di Vasilij Bortnikov per il cinema con attori in carne e ossa. Il film abusa ancora sfacciatamente del rotoscopio per le figure stranamente iperrealistiche della nonna e della nipotina, ma gli animali appartengono ormai alla nuova era. Per la prima volta in vent’anni i personaggi animati non avevano contorni. Se ne ricavava una sensazione di volume, di consistenza reale (qualità su cui l’animazione sovietica avrebbe puntato una decina di anni dopo). Era un ritorno alla stilizzazione perduta. Furono gli stessi animatori a riunire tutte queste caratteristiche in un unico termine: pušistost’, ‘lanosità’. Sembrerà sciocco, ma proprio questo passaggio dal falso realismo alla ‘lanosità’ aprì la strada al grande cinema d’animazione sovietico degli anni Sessanta e Settanta che avrebbe prodotto i capolavori di Fëdor Chitruk e Jurij Norštein.
Peter Bagrov