Nel Gorgo Del Peccato

Vittorio Cottafavi

Sog.: Oreste Biancoli; Scen: Oreste Biancoli, Giuseppe Mangione; F.: Augusto Tiezzi; Mo.: Jolanda Benvenuti; Scgf: Ottavio Scotti; Op: Angelo Lotti; Mu.: Marcello Abbado, Gino Marinuzzi jr, canzone “Mamma” di C.A. Bixio, canzone “Piccolo cuore” di F. Meyer; Int.: Elisa Cegani (Margherita Valli), Fausto Tozzi (Alberto), Margot Hielscher (Germaine), Franco Fabrizi (Filippo), Guido Martufi (Gino), Giulio Calì (padrone di casa), Ugo Gragnani (terzo figlio di Margherita), Carlo Mariotti (commissario), Ugo Sasso (guardia di Finanza), Violetta Gragnani (cameriera); Prod.: Alberto Giacalone per Itala Film; Pri. pro.: 30 ottobre 1954. Digibeta L.: 2404 m. D.: 87’.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

A partire dal melodramma, io creavo qualcosa di interiore, qualcosa di vero. Cercavo di riprendere col cinema l’anima, i sentimenti segreti. Io credo che l’obiettivo della macchina da presa sia più intelligente di noi che ce ne serviamo, e che, forse, può vedere, vede sicuramente all’interno dei personaggi più facilmente dell’occhio normale. (…) Queste storie di donne che andavano al delitto, al suicidio attraverso i loro rapporti con l’uomo, con la società, offrivano a volte una lieve possibilità di humour, legato a un sentimento affettuosoche nutrivo per i personaggi, un humour benevolo. Il melodramma ha regole molto strette. Non so dire se le rispettavo. Prima di tutto volevo, a partire da uno schema accettato dal pubblico italiano, interiorizzare la storia; non i dati della storia, bensì le reazioni di certi personaggi davanti ai dati del dramma. Le storie erano un po’ idiote, eppure godevano di meccanismi garantiti dal risultato di altri film dello stesso genere.
Io non lottavo contro queste costrizioni. Nelle sceneggiature, le peripezie erano banali, era la partecipazione umana alla sofferenza. Tentavo di farlo soprattutto con i personaggi di donne: l’anima di una donna mi interessa di più, è più sensibile, più capace di penetrare il dolore, e in ogni caso più capace di arrivare nel dolore all’esasperazione totale.

Vittorio Cottafavi, Entretien avec Vittorio Cottafavi, a cura di Bertrand Tavernier, “Positif”, n. 100-101, dicembre 1968-gennaio 1969, tr. it. in L’avventurosa storia del cinema italiano raccontata dai suoi protagonisti 1935-1959, a cura di Franca Faldini e Goffredo Fofi, Feltrinelli, Milano, 1979

Come dice lo stesso Cottafavi, “è una storia di amore, di morte e di droga”. Forse il tema non lo interessava particolarmente, e anche questa volta accettò di dirigere un film, come il precedente [Avanzi di galera ndc] in cui egli aveva scarse possibilità di esprimere compiutamente il proprio punto di vista o di elaborare e approfondire un soggetto più vicino alla sua sensibilità; tuttavia il discorso sulla condizione femminile, con i risvolti tragici di una ribellione che sfocia nella tragedia, rimaneva un elemento attorno al quale era possibile sviluppare qualche idea e qualche moralità.

Gianni Rondolino, Vittorio Cottafavi cinema e televisione, Cappelli Editore, Bologna 1980

Copia proveniente da