NAME THE MAN
Scen.: Paul Bern dal romanzo di Hall Caine “The Master of Man: the Story of a Sin”; F.: Charles Van Enger; Scgf.: Cedric Gibbons; Cost.: Sophie Wachner; Int.: Mae Busch (Bessie Collister), Conrad Nagel (Victor Stowell), Hobart Bosworth (Christian Stowell), Creighton Hale (Alick Gell), Patsy Ruth Miller (Fenella Stanley), Winter Hall (Gov. Stanley), Aileen Pringle (Isabelle), De Witt Jennings (Dan Collister), Evelyn Selbie (Lisa Collister), Mark Fenton (Constable Cain), Anna Hernandez (Mrs Quayle), Mrs Charles Craig (Mrs Brown), Cecil Holland, Lucien Littlefield, William Orlamont, Charles Mailes, Andrew Arbuckle; Prod.: Victor Sjöström per Goldwyn Studios; 35mm. L.: 1550 m. D.: 69’ a 20 f/s. Col.
Scheda Film
In genere le storie del cinema non danno molta importanza al primo film diretto a Hollywood da Sjöström. Il regista svedese avrebbe accettato di girarlo solo per evitare progetti ben peggiori. Ma quando vediamo ciò che ne resta, il risultato non sembra per niente indegno del suo nome. Innanzitutto, anche se in un contesto più convenzionale, il tema ricorda stranamente quello di The Scarlet Letter. E, anche se Sjöström non era entusiasta del soggetto concepito da Paul Bern e supervisionato da June Mathis, tutto dimostra che ha preso molto a cuore il suo lavoro. Il découpage del film terminato conta quasi 1300 inquadrature e non sono rare le pagine prive di didascalie. Il film inoltre beneficia di un notevole lavoro di montaggio. La Cinémathèque Royale de Belgique possedeva da tempo una copia su supporto acetato del film, provvista di didascalie russe e proveniente dal Gosfilmofond. Era evidentemente incompleta. Lo Swedish Film Institute ne possedeva un’altra con la stessa provenienza, più recente e paradossalmente più lunga. Kevin Brownlow, che le aveva viste entrambe, ha ritrovato il copione di montaggio contenente le didascalie originali e i riferimenti per i colori. Il problema con le copie russe (problema che non si pone solo con esse) è che ci restituiscono il film come era stato proiettato in Unione Sovietica. Ai russi, e anche ad altri, non disturbava modificare il montaggio, o anche la sceneggiatura, se lo trovavano necessario. E non solo per ragioni ideologiche o politiche. Quando era possibile, alleggerivano l’opera di ogni eccesso giudicato superfluo e di ogni artificio di sceneggiatura che non funzionava. Sapendo questo, Name the Man pone una questione abbastanza irritante. Nessuna copia contiene un titolo di fine.
Jean-Marie Buchet