MICHAEL

Carl Theodor Dreyer

T. it.: Desiderio del cuore; T. danese: Mikaël; T. ing.: Chained (Usa), Heart’s Desire (Gb); Sog.: dal romanzo “Mikaël” (1904) di Herman Bang; Scen.: Thea von Harbou, Carl Th. Dreyer; F.: Karl Freund, Rudolf Maté; Scgf. e Cost.: Hugo Häring; Int.: Walter Slezak (Eugène Michael), Benjamin Christensen (Claude Zoret, il maestro), Nora Gregor (principessa Lucia Zamikoff), Alexander Murski (Adelsskjold), Grete Mosheim (Alice Adelsskjold), Robert Garrison (Charles Switt, critico d’arte), Max Auzinger (maggiordomo), Didier Aslan (duca di Monthieu), Karl Freund (Leblanc, commerciante d’arte), Wilhelmine Sandrock (arciduchessa di Monthieu); Prod.: Erich Pommer per Decla-Bioscop der Universum-Film A.G. (Ufa) 35 mm. L.: 2056 m. D.: 90’ a 20 f/s. Bn.

 

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Nonostante Michael sia una produzione tedesca, molte delle persone coinvolte sono danesi. La storia è l’adattamento di un romanzo del famoso scrittore danese Herman Bang (erroneamente accreditato come “Hermann Bong” nei titoli). Il protagonista (il pittore Claude Zoret) è interpretato dal carismatico cineasta Benjamin Christensen, qui diretto da Carl Theodor Dreyer.

Il restauro al Digital Filmlab di Copenhagen è stato supervisionato dal DFI, come parte della collaborazione tra DFI, Friedrich-Wilhelm-Murnau-Stiftung di Wiesbaden e il Bundes- archiv-Filmarchiv di Berlino.


Thomas C. Christensen, Danish Film Institute

 

“Ora posso morire in pace, perché ho conosciuto il grande amore.” Questa non è, come si potrebbe pensare, una citazione di Gertrud, ma di Michael, realizzato nel 1924 e probabilmente il primo dei film di Dreyer che oggi si possa vedere senza dover tenere conto della sua età e del fatto che sia un’opera di apprendistato. (…) Notevolmente ammorbidito rispetto al romanzo di Herman Bang da cui il film è tratto, Michael parla di un pittore anziano, Claude Zoret, che venera un giovane allievo e lo adotta prima come modello e poi come figlio, ed è strutturato principalmente sul tema della solitudine. I set fin de siècle straordinariamente elaborati ,creati per la casa e lo studio di Zoret dall’architetto Hugo Häring nella sua unica collaborazione per il cinema, diventano una serra umida e senza aria in cui Zoret osserva impotente Michael che si allontana dal suo amore esotico per una relazione ancor più esotica con la principessa Zamikoff. È un soggetto spinoso, che scivola pericolosamente vicino al melodramma e all’assurdo, ma Dreyer riesce a intrecciare una ricca sub-struttura piena di genuina emozione, che si giova delle ottime interpretazioni del suo cast (…) All’epoca, con un paragone che lusingava Dreyer, Michael venne paragonato dai critici tedeschi a un Kammerspiel, un dramma da camera. (…) Michael è forse il primo capolavoro di Dreyer: un film deciso, reticente e prolifico di sottili relazioni interiori.

Tom Milne, The Cinema of Carl Dreyer, Tantivy Press, 1971

 

Copia proveniente da

Restauro realizzato in collaborazione con

Digital Filmlab

In collaborazione con
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A partire da un negativo non montato rieditato negli anni Cinquanta dallo Staatliches Filmarchiv della DDR