MARCIA NUZIALE
Sog., Scen.: Diego Fabbri, Marco Ferreri, Rafael Azcona. F.: Benito Frattari (L’igiene coniugale), Enzo Serafin (Prime nozze, La famiglia felice), Mario Vulpiani (Il dovere coniugale). M.: Renzo Lucidi. Scgf.: Massimiliano Capriccioli. Mus.: Teo Usuelli. Int.: Ugo Tognazzi (Nicola Garaviglio / Michele / Frank / Igor Savoia), Shirley Anne Field (Laura), Tom Felleghy (Lamberto Ferlazzo), Gaia Germani (Gigliola Ferlazzo), Gianni Bonagura (veterinario), Catherine Faillot (la moglie), Tecla Scarano (la suocera), Alexandra Stewart (Nancy), Anna María Aveta (Sally), Rina Mascetti (Mia). Prod.: Henryk Chroscicki, Alfonso Sansone per Sancro Film, Transinter Films. DCP. Bn.
Scheda Film
Dopo Le italiane e l’amore e Controsesso, Ferreri continua il proprio viaggio da clandestino nella commedia a episodi con un film girato tutto da lui, e interpretato da Ugo Tognazzi, che all’epoca era uno dei nomi principali della commedia all’italiana. Quattro vicende coniugali: due coppie che fanno ‘sposare’ i rispettivi cani; un marito, la sera, si trova davanti alle ritrosie sessuali della moglie; in America, una coppia partecipa a una riunione di gruppo per ravvivare la vita erotica; in un prossimo futuro (il 1984, non a caso) gli esseri umani sono sposati con bambole di plastica create all’uopo, e hanno figli anch’essi di plastica.
Non c’è scampo, per Ferreri, allo squallore della vita coniugale, e la meschinità del maschio si specchia in personaggi femminili visti con più di un filo di misoginia: in un mondo così inumano, le donne non possono aspirare nemmeno al ruolo di vittime, ma sono mere, e micidiali, complici. Nulla si salva da un ridicolo senza risata: né la liberazione dei costumi da parte della nuova borghesia, né la Chiesa che vuole modernizzarsi. E a mettere a nudo la vacuità dell’istituzione è il confronto continuo e bruto con la sua radice e forse la sua antitesi, il sesso. Nel primo episodio, il più aneddotico, lo spunto iniziale viene immerso in una visione del quotidiano quasi fenomenologica. La narrazione è del tutto orizzontale, Ferreri non sottolinea, non si stupisce. Nel secondo episodio, in cui una coppia va a letto, non c’è quasi trama, ma un referto senza climax. Nell’ultimo episodio fantascientifico trae semplicemente le conseguenze dell’atonia mostrata nei precedenti: lo spunto è fin troppo dimostrativo, ma è il primo nucleo del Ferreri apocalittico e anti-utopistico che trionferà nei film successivi, da La cagna e Il seme dell’uomo in poi. Con un uso dei set, tra archeologia e futuro, che apre anch’esso alla fase successiva del regista.
Emiliano Morreale