L’orribile Segreto Del Dr. Hichcock
Scen.: Julian Berry [Ernesto Gastaldi]. F.: Donald Green [Raffaele Masciocchi]. M.: Donna Christie [Ornella Micheli]. Scgf.: Joseph Goodman. Mus.: Roman Vlad. Int.: Barbara Steele (Cynthia Hichcock), Robert Fleming (dr. Bernard Hichcock), Montgomery Glenn [Silvano Tranquilli] (dottor Kurt Lang), Teresa Fitzgerald [Maria Teresa Vianello] (Margaretha). Prod.: Louis Mann [Luigi Carpentieri, Ermanno Donati] per Panda Film Da: Cineteca D.W. Griffith. 35mm. D.: 88′. Col.
Scheda Film
Per la prima volta Freda, realizzando un gotico di perfetta imitazione anglosassone, si firma con uno pseudonimo straniero (Robert Hampton) e con lui tutti gli altri collaboratori. L’idea sarà ripresa, tra gli altri, in vari horror e negli spaghetti western, da Sergio Leone in poi. Il film fu girato in dodici giorni in una villa di Roma, al quartiere Parioli. Il nome del dottore richiama ovviamente quello di Alfred Hitchcock, ma con una piccola variazione ortografica; nel successivo Lo spettro (1963), film quasi gemello di questo, torna un personaggio con questo nome, ma che non è esattamente lo stesso.
La forza di L’orribile segreto del dottor Hichcock e di Lo spettro, film controllatissimi e sapienti, sta nella loro claustrofobica e ristretta scenografia, nell’impasto sontuoso e cupo dei colori, ma soprattutto, per il primo, nella precisione analitica della descrizione di una perversione concreta, la necrofilia, e, nel secondo, nella concretezza di un ‘a porte chiuse’, di un gioco al massacro di quattro personaggi, dove il mistero si rivela beffa macabra, ma pienamente terrestre. Per Freda, ormai, i mostri sono tra noi, siamo noi, dominati dalle ambizioni e dalle paure.
Goffredo Fofi, prefazione a Riccardo Freda, Divoratori di celluloide, Il Formichiere, Milano 1981
L’orrore vero è quello radicato dentro di noi fin dalla nascita. È un terrore atavico che probabilmente risale ai primordi dell’uomo delle caverne. […] Il primo vero terrore è quindi quello del buio… dell’oscurità! […]. È questo il vero terrore, l’angoscia di ciò che non si vede, il rumore che scatena il terrore fino allora represso. In tutti i miei film vi sono porte che si aprono nel buio senza rumore, scricchiolii e fruscii raggelanti, il picchiettare di un ramo contro un vetro che sembra la mano scheletrica di un fantasma.
Riccardo Freda, Divoratori di celluloide, Il Formichiere, Milano 1981