LETTRE DE SIBÉRIE

Chris Marker

T. int.: Letter from Siberia. Sog., Scen.: Chris Marker. F.: Sacha Vierny, Chris Marker. Mus.: Pierre Barbaud. Su.: Studios Marignan. Prod.: Anatole Dauman per Argos-Film, Procinex. Pri. pro.: 29 ottobre 1958. DCP. D.: 58’. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Vi scrivo da un paese lontano… Le parole che aprono il più famoso dei commenti cinematografici sono come l’origine di una specie, il film-saggio, definito dalla molteplicità dei suoi materiali (fotografie, elementi antropologici, immagini di animali preistorici ma anche dei cani cosmonauti Laika e Mishka, incisioni, performance rituali, persino cinema d’animazione, il costante intreccio di serio e di giocoso, sempre riflettendo sull’incontro dell’antichissimo e del moderno); ugualmente rispettoso del reale e dell’immaginario (là dove la realtà meglio si rivela); con suono e immagine in costante dialogo, mentre il visivo e l’acustico si fondono dando luogo a un’arte dell’invisibile. L’originalità di Lettre de Sibérie venne acutamente individuata da André Bazin in una recensione scritta pochi giorni prima della morte, nel 1958: “Lettre de Sibérie è un saggio in forma di reportage cinematografico sulla realtà siberiana passata e contemporanea. O ancora, adattando la formula usata da Vigo per À propos de Nice (‘un punto di vista documentato’), direi: è un saggio documentato attraverso il cinema. Dove la parola chiave è saggio, inteso nello stesso senso che ha in letteratura: un saggio storico e politico, ancorché scritto da un poeta”. O ancora: “L’elemento originario è la bellezza del sonoro, ed è da qui che la mente viene condotta verso l’immagine. Il montaggio procede dall’orecchio all’occhio”. Questa dovrebbe essere considerata come la definizione di una nuova dimensione di montaggio. Anche le dimensioni della città di Yakutsk sono sconcertanti: il fiume che la attraversa, la Lena, è cinque volte più largo e cinquanta volte più lungo della Senna. Come osserva il regista, l’Unione Sovietica è un paese di cui si parla solo in termini d’inferno o di paradiso. Un’osservazione che acquista evidenza nella celebre immagine ripetuta di uno stesso angolo di strada, interpretato da tre diverse ‘posizioni’: la posizione comunista (qui ci si fa gentilmente gioco dello “stile documentario del realismo socialista, dove la regola è che qualsiasi immagine deve essere, come la moglie di Stalin, al di sopra d’ogni sospetto. Tutto sempre e solo positivo, all’infinito: qualcosa che suona molto strano, provenendo dal paese della dialettica”), l’antitetica posizione capitalista e infine la posizione neutrale, ben presto a sua volta oggetto d’ironia… Di nuovo, è Bazin che sintetizza al meglio: “La sola presentazione dell’antitesi costituirebbe già una trovata brillante e sufficiente a rinfrancare lo spirito, ma rimarrebbe appunto al livello della battuta di spirito: è a questo punto che l’autore ci propone il terzo commento, imparziale e minuzioso, che descrive oggettivamente lo sfortunato mongolo come uno yakuta afflitto da strabismo. Qui siamo ben al di là dell’astuzia e dell’ironia, perché ciò che Chris Marker ci sta implicitamente dimostrando è che l’obiettività è ancora più falsa dei due punti di vista partigiani; detto altrimenti che, almeno per quel che riguarda certe realtà, l’imparzialità è un’illusione. L’operazione alla quale abbiamo assistito è dunque precisamente dialettica; è consistita nel gettare sull’immagine tre diversi fasci di luce intellettuale, e di riceverne l’eco”. Lettre de Sibérie è la versione nobile di un travelogue, considerato di solito la forma più modesta del documentario: le osservazioni su un luogo finora mai descritto diventano, poco alla volta e misteriosamente, la più simpatetica riflessione sull’umanità e sulle sue stanze mentali, al di là dell’ideologia. Ora che la vita creativa di Chris Marker si è chiusa per sempre, possiamo constatare che Lettre de Sibérie ha mantenuto la sua posizione speciale, resta il suo viaggio più famoso: un viaggio verso nessun posto, o più precisamente al centro del mondo. La sua stessa semplicità produce un film di strana bellezza e – bel paradosso, essendo il film su un paese dominato dal compromesso – uno degli sguardi cinematografici definitivi di una sinistra irriducibile al compromesso.

Peter von Bagh

Copia proveniente da

Restaurato dal laboratorio Éclair a partire da un internegativo e da L.E. Diapason (per il suono)