L’ESCLAVE DE PHIDIAS
T. copia: The Slave of Phydias. F.: Georges Specht. Int.: Luitz Morat (Fidia), Suzanne Delvé (la schiava Callyce), Madeleine Ramey (la cortigiana Quinta), Suzanne Grandais, Paul Manson, Armand Tallier. Prod.: Société des Etablissements Gaumont. 35mm. L.: 623 m. D.: 30’ a 18 f/s. Bn.
Scheda Film
Perret crea qui un altro dei suoi squisiti melodrammi pittorici. Pubblicizzato dalla Gaumont come ‘antico poema’, il film è un lungo componimento poetico per musica e immagini. La studiata composizione e la profondità di campo dei tableaux richiamano la seducente antichità raffigurata nei dipinti di Alma-Tadema, dandole vita. Gran parte del film è girata in esterni sulla costa del sud della Francia, tra i cedri e i cipressi di un’elegante villa neoclassica. I personaggi ci appaiono screziati di luce, riflessi in specchi d’acqua luccicanti, stagliati contro un mare splendente in immagini di grande intensità emotiva. Perché questo non è un grandioso film storico su Fidia e le opere colossali da lui create per celebrare lo stato ateniese. Ciò che conta non è la creatività dello scultore ma la sua modella, la povera schiava che dà il titolo al film. Mentre Fidia tenta di scolpire una statua della dea dell’amore destinata a restare fuori campo e incompiuta per tutta la durata del film, la giovane schiava suscita nell’artista una vera passione amorosa con la bellezza del suo incarnato e soprattutto il suono della sua lira. Alla fine del film gli amanti affrontano l’oblio, costretti a dire addio alla pace di una ‘terra d’amore e bellezza’ che è al contempo l’antica Grecia e la Francia contemporanea. Le tematiche della sofferenza, del senso di perdita e dell’esilio sono in sintonia con il clima della Prima guerra mondiale, durante la quale fu girato il film. Alla prima, che si tenne al Gaumont Palace agli inizi del 1917, Eugène Poncin diresse la sua partitura per solisti, coro e grande orchestra composta appositamente per accompagnare la ‘sinfonia estetica’ di Perret dedicata a un amore sventurato sullo sfondo di un’Ellade tragica.
Maria Wyke