Le Joli Mai
T. int.: The Merry Month of May. Scen.: Chris Marker, Catherine Varlin. F.: Pierre Lhomme, Étienne Becker, Denys Clerval, Pierre Villemain. M.: Eva Zora, Annie Meunier, Madeleine Lecompère. Int.: Yves Montand (commento). Prod.: Catherine Winter, Gisèle Rebillon per Sofracrima. Pri. pro.: 2 marzo 1963. 35mm. D.: 145′. Bn.
Scheda Film
Dopo i film sull’Africa, la Siberia, la Cina, Israele e Cuba, ecco il primo film di Chris Marker che si concentra su Parigi, presentata come “la città più bella del mondo, che vorremmo vedere per la prima volta all’alba, senza averla mai vista prima, senza ricordi, senza abitudini, città da perlustrare come un detective, con un telescopio e un microfono”. Il film è acutamente dedicato – parafrasando Stendhal – to the happy many. E di vera felicità si tratta: persone – alcune famose, perlopiù gente comune – che festeggiano la fine dell’atroce guerra d’Algeria (le 55 ore del materiale originale furono girate nel primo mese di maggio dopo la guerra), che si ritrovano in un fugace momento collettivo alle soglie dell’utopia. Forse tutto svanirà presto – la durezza del reale non ci viene risparmiata: i salari bassi, le disuguaglianze, la violenza della polizia, i nuovi sviluppi dell’industria delle armi. Secondo l’autore, la prima parte del film (la durata finale è di due ore e mezzo) è una presentazione dello spazio, la seconda del tempo. Immagini e parole producono in realtà continui spostamenti temporali, mentre la magistrale fotografia di Pierre Lhomme, con la sua incredibile ricchezza, restituisce sia la bellezza classica della città, sia le audacie della tecnologia moderna, sempre oggetto, per Marker, di profondo entusiasmo. La cinepresa svela, momento dopo momento, le forme dell’inatteso, nel paesaggio urbano e antropologico; filmando i gruppi di persone Marker non perde nessun dettaglio, nessun viso o gesto individuale, e nemmeno la sensazione del tempo atmosferico, della natura. Il montaggio, qui tanto più invisibile che nei suoi celebri e straordinari film di montaggio, procede secondo regole dettate dal materiale stesso: “All’inizio, una scena sviluppava i temi impostati dalle interviste; poi, durante il montaggio, diventava evidente che in alcune occasioni un argomento ne generava un Le Joli mai altro totalmente diverso, e l’aggancio tra i due temi produceva qualcosa di differente da ciò che avevo inizialmente immaginato. La vita faceva emergere nuove connessioni, a volte grazie a una sola immagine. Il film cominciava a vivere di vita propria, improvvisamente aveva le sue proprie regole”. Come molti capolavori, Le Joli mai è inclassificabile – film-saggio, cinema di poesia, cinéma-vérité (al pari di quella sorta di film gemello, e tuttavia completamente diverso, che è Cronique d’un été di Rouch e Morin). Qualunque cosa sia, per me è forse il più bello dei film di Chris Marker. Riservo l’ultimo paragrafo al commento, letto da Yves Montand: il più lirico che abbiamo mai sentito al cinema. “E ora, cosa dite? Siete a Parigi, la capitale di un paese ricco. E sentite una voce segreta che vi dice che finché la povertà esisterà voi non potrete essere ricchi, finché ci sarà gente angosciata voi non potrete essere felici, finché ci saranno prigioni voi non potrete dirvi liberi”.
Peter von Bagh
Restaurato da CNC - Archives Françaises du Film. Un primo restauro fotochimico è stato realizzato nel 2009 da CNC - Archives Françaises du Film con tagli di 17 minuti rispetto alla versione originale voluti da Chris Marker e Pierre Lhomme. Nel 2012 il laboratorio Mikros Image, con il sostegno di CNC, ha realizzato una scansione 2K, con restauro digitale dell'immagine e del suono. Sono stati apportati nuovi tagli, in quanto gli autori non hanno mai considerato la versione iniziale del film come definitiva.