LA MATERNELLE

Marie Epstein, Jean Benoît-Levy

Sog.: dal romanzo omonimo di Léon Frapié. Scen.: Marie Epstein, Jean Benoît-Levy. F.: Georges Asselin. Scgf.: Robert Bassi. Mus.: Édouard Flament, Alice Verlay. Int.: Madeleine Renaud (Rose), Paulette Élambert (Marie Coeuret), Henri Debain (il dottor Libois), Mady Berry (Madame Paulin), Edmond van Daële (papà Paulin), Alice Tissot (la direttrice), Sylvette Fillacier (Madame Coeuret), Aman Maistre (Monsieur Antoine). Prod.: Jean Benoît- Levy. 35mm. D.: 98’. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

La Maternelle, co-diretto con Jean Benoît-Levy, rimane il film più noto della produzione registica di Marie Epstein. Il film esplora la relazione affettiva tra una giovane donna, Rose (Madeleine Renaud), e una bambina, Marie, allieva della scuola d’infanzia in cui lavora Rose e segnata emotivamente dall’abbandono della madre. Come nei film in cui lavora con il fratello Jean, Marie Epstein gioca sui temi della femminilità e della maternità che si oppongono alla passione erotica; anche se la regista non si è mai dichiarata una femminista, il suo lavoro resta segnato da un’attenzione e una sensibilità particolari per i personaggi di donne e di conseguenza dalla messa in luce di un punto di vista femminile non comune nel cinema francese del periodo.
Due gli aspetti centrali del film. Il primo è l’attenzione a un desiderio altro rispetto a quello erotico che normalmente informa le traiettorie del film narrativo: l’irruzione dentro le immagini dello sguardo infantile e femminile rappresenta una novità rispetto ai canoni del film narrativo classico e un tentativo di evasione rispetto alle linee conduttrici del cinema europeo mainstream degli anni Trenta. Il secondo punto è rappresentato dall’embrionale discorso sullo sguardo’ impostato da Marie Epstein. Embrionale perché nel suo lavoro manca la volontà di porre la visione come quesito in modo esplicito; c’è però un emergere del momento della visione in quanto tale, che passa attraverso la tendenza documentaristico-pedagogica di molto cinema francese degli anni Trenta e viene alla luce da un lato attraverso l’uso degli strumenti stilistici messi a punto dalla première garde e dall’altro si modella nelle forme originali della rappresentazione di una soggettività e di un desiderio inediti. In questo senso in La Maternelle si può ravvisare un’attenzione penetrante al movimento del guardare e alla costruzione dello ‘sguardo che fa il film’ che senz’altro costituisce una tappa non trascurabile nella riflessione sulla visione cinematografica.

Chiara Tognolotti

Copia proveniente da