KOHLHIESELS TÖCHTER
T. it.: Due sorelle. T. int.: Kohlhiesel’s Daughters. Scen.: Hanns Kräly, Ernst Lubitsch. F.: Theodor Sparkuhl. Scgf.: Jack Winter. Int.: Henny Porten (Liesel/Gretel Kohlhiesel), Emil Jannings (Peter Xaver), Gustav von Wangenheim (Paul Seppl), Jakob Tiedtke (Mathias Kohlhiesel), Willy Prager (il commerciante). Prod.: MessterFilm GmbH. DCP. D.: 65’. Col.
Scheda Film
La definizione di slapstick ben si adatta a questi film, film grotteschi li si chiamava allora; dello slapstick hanno infatti il ritmo e la velocità. Mai in precedenza, in nessuna delle arti, il corpo umano, anche solo come ombra, come silhouette, aveva giocato un tale ruolo; a dispetto della loro presenza fisica, in teatro gli attori erano essenzialmente degli altoparlanti. Nei film berlinesi di Lubitsch Emil Jannings campeggia imponente, figura di grande stazza come Fatty Arbuckle o Oliver Hardy. La sua sola presenza rende cinematografico Kohlhiesels Töchter. Henny Porten nei panni di ambedue le figlie, è pura gag cinematografica, e il giocare sulle apparenze è Lubitsch allo stato puro.
Frieda Grafe, Ciò che tocca Lubitsch, in Luce negli occhi colori nella mente. Scritti di cinema 1961-2000, a cura di Mariann Lewinsky ed Enno Patalas, Le Mani/Cineteca di Bologna, ReccoBologna 2002
Della lista di produzioni a cui a vario titolo Ernst Lubitsch ha lavorato, Kohlhiesels Töchter è la numero 44, una cifra tanto più notevole se si considera che viene raggiunta in soli sette anni di attività. Intervistato a fine carriera, quando il suo contributo alla storia del cinema conterà addirittura 82 partecipazioni, definirà questo film “A typical German thing”, una sentenza forse un po’ sbrigativa, con cui motiverà al contempo il grande successo di pubblico ottenuto in patria – il primo della sua carriera – e lo scetticismo della critica, che a più fasi ha attribuito all’opera una regia sciatta e una comicità grossolana, lontane dal proverbiale “Lubitsch touch”. Circa cento anni più tardi, il restauro digitale della Friedrich-Wilhelm-Murnau-Stiftung mostra per la prima volta dalla prima distribuzione Kohlhiesels Töchter con colorazioni in luogo del bianco e nero e nella sua forma più completa, offrendo, così, materiale per una confutazione delle critiche più ingenerose.
Il primo riscontro si manifesta già dalla sequenza d’apertura, in cui con innegabile cinismo Lubitsch ci conduce nell’improbabile scambio di battute tra Gretel/Henny Porten e l’ambulante sotto la sua finestra, quindi nella lotta di una delle attrici più in vista della sua generazione con un porcellino salvadanaio, vinta con così poco merito da indurla a interpellare il pubblico con un perplesso – e registicamente tutt’altro che sciatto! – sguardo in camera.
Con didascalie taglienti e gag in pura estetica slapstick il film demolisce lo schema uomo-donna, provinciale forse nella forma dell’ambientazione del piccolo villaggio bavarese, ma non nel contenuto.
Tre copie nitrato sono state scansionate in 4K e combinate tra loro digitalmente restituendo, forse, gli elementi e le caratteristiche che determinarono il grande successo di pubblico che accolse la prima uscita di Kohlhiesels Töchter.
Luciano Palumbo
Restaurato in 4K nel 2023 da Friedrich-Wilhelm-Murnau-Stiftung in collaborazione con Bundesarchiv e Det Danske Filminstitut presso i laboratori ARRI, Haghefilm e L’Immagine Ritrovata, a partire da una copia incompleta d’epoca 35mm conservata da Det Danske Filminstitut e due copie nitrato del Bundesarchiv. Un duplicato di tarda generazione ricavato da una ricostruzione del Filmmuseum München e conservato presso il Bundesarchiv è stato utilizzato come riferimento per didascalie e fotogrammi mancanti. Con il sostegno di FFE – Förderprogramm Filmerbe e Bertelsmann