Kampen Om Tungtvannet
T. Ing.: Operation Swallow: The Battle For Heavy Water; T. Fr.: La Bataille De L’eau Lour- De; Scen.: Jean Martin; F.: Hllding Bladh, Marcel Weiss; Mo.: Jean Feyte; Mu.: Gunnar Sonstevold; Int.: Jens A. Poulsson, Johannes Eckhoff, Arne Kjelstrup, Claus Helberg, Henki Kolstad, Claus Wiese, Knut Haukelid, Andreas Aabel, Fredrik Kayser, Hans Storhaug, Odd Rohde; Prod.: Hero Film, Trident; Pri. Pro.: 13 Febbraio 1948 (Francia); 35mm. D.: 93′. Bn.
Scheda Film
Questo film, codiretto dal norvegese Titus Vibe-Muller e dal francese Jean Dréville (in veste di supervisore), andrebbe ricordato alla luce di altri grandi film sulla Resistenza, una Resistenza ancora tangibile e viva – film realizzati immediatamente dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Come i contemporanei capolavori Paisà e La bataille du rail (Operazione Apfelkern), Kampen è un film antieroico nella propria concezione e vi partecipano molti attori non professionisti. La distanza dai suoi equivalenti, soprattutto americani, è evidente: The Heroes of Telemark (Anthony Mann, 1964) descrive gli stessi eventi, ma in modo molto più generico. Kampen è anche un film su un gruppo di persone, su una rete di complessi rapporti umani colti nelle circostanze violente della guerra e in cui la Resistenza e le conquiste individuali sono sempre presenti, anche se prive di espedienti emotivi o di primi piani eroici. Le azioni sono sempre descritte nell’anonimato di un duro compito da portare a termine insieme, con un approccio corale. Alcune di queste scelte sono le stesse del più celebre The Longest Day (1962), ma il film di Zanuck, pieno di star, risulta impersonale e sciatto al confronto. In Kampen l’approccio corale funziona e crea un’affascinante intreccio tra le parti in azione e il dramma delle diverse nazionalità in guerra. C’è la scrupolosa ricerca di una ricostruzione storica basata sui fatti – “una pagina di storia”, come si dice alla fine del film. Nell’insieme emerge una durezza quasi alla Hawks, che possiede una propria speciale poesia nelle immagini dei gelidi paesaggi, nelle bufere di neve, nelle nubi che passano accanto ai ghiacciai e ai pendii rocciosi, nei riflessi degli oggetti necessari alla dura sfida. C’è un equilibrio tra uomo e natura che di solito soltanto i documentari riescono a cogliere con altrettanta forza.
Peter von Bagh