I’ve Always Loved You

Frank Borzage

T. It.: Non Ti Appartengo Più; Sog. E Scen.: Borden Chase; F.: Tony Gaudio; Mo.: Richard L. Van Enger; Scgf.: Ernst Fegté; Mu.:Walter Scharf; Int.: Philip Dorn (Leopold Goronoff), Catherine Mcleod (Myra Hassman), William Carter (George Sampter), Maria Ouspenskaya (Madame Goronoff), Felix Bressart (Frederick Hassman), Elizabeth Patterson (Mrs. Sampter), Vanessa Brown (Georgette “Porgy” Sampter), Lewis Howard (Michael Severin), Adele Mara (Senorita Fortaleza), Gloria Donovan (Porgy Da Bambina), Cora Wither- Spoon (Mrs. Blythe); Prod.: Frank E Lew Borzage Per Republic Pictures Corp.; Pri. Pro.: 2 Dicembre 1946; 35mm. D.: 117′. Col.

 

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

I’ve Always Loved You è quasi un oggetto “marziano” nel quadro della produzione della Republic Film, consacrata ai serial ipereconomici di Dick Tracy, Zorro, Fu Manchu, Captain America e ai western di serie “B” di Gene Autry e Roy Rogers, fabbricati alla catena di montaggio in una settimana e per 30.000 dollari. Un film talmente fuori misura – riprese in Technicolor per tre mesi, budget sbalorditivo di due milioni di dollari – che R.M. Hurst ha semplicemente omesso di parlarne nel suo libro, peraltro molto scrupoloso, dedicato alla storia degli studos (Republic Studios: Between Powerty Row and the Majors, Scarecrow Press, 1979). Spinto dall’ambizione, Herbert J. Yates, grande padrone della Republic, cerca di procurarsi qualche nome di prestigio come John Ford, e più tardi Orson Welles (Macbeth) e Fritz Lang (Secret Beyond the Door). Quando sollecita Frank Borzage nel giugno 1944, questi esige un contratto per tre produzioni e un salario di centomila dollari a film, più una partecipazione del 30% agli utili, all’epoca il più esorbitante salario da regista mai richiesto negli Stati Uniti (…). Impose suo fratello, Lew Borzage, come co-produttore e scelse egli stesso sceneggiatore, tecnici e attori. Sebbene al termine della carriera, Borzage godette di un’indipendenza quasi totale nel realizzare I’ve Always Loved You. Gli anni della guerra avevano riportato di moda il film musicale. L’immenso successo di A Song to Remember di Charles Vidor, in cui José Iturbi “doppiava” Cornel Wilde (alias Chopin) al piano, spinge Borzage ad acquistare i diritti del racconto Concerto (1937) di Borden Chase. Chase, il cui nome è soprattutto legato ai western di Hawks, Mann o Aldrich, si è ispirato alla carriera di sua moglie, la pianista Lee Keith, “prodigio” che diede un recital al Carnegie Hall all’età di otto anni. Borzage si assicura la collaborazione prestigiosa di Arthur Rubinstein, che accetta per la prima volta di lavorare nel cinema. Il cineasta gli domanda di scegliere i brani di musica classica da inserire nell’azione del film, di determinarne la durata, e di doppiare al pianoforte gli interpreti principali. Tra questi, la debuttante Catherine Mc Leod, ventidue anni, e l’olandese Frits van Dongen (era il maragià di Der Tiger von Eschnapur di Richard Eichberg), ribattezzato Philip Dorn negli Stati Uniti. Tony Gaudio è alla macchina da presa per una fotografia in Technicolor dove dominano blu, verde smeraldo, mauve e grigio all’inizio, porpora e nero alla Carnegie Hall, perché Borzage cercava di ottenere un crescendo visivo che rispondesse a implicazioni emozionali parossistiche. L’azione riprende motivi conosciuti dell’opera del cineasta (l’amore incondizionato tra esseri d’eccezione, la comunicazione sovrannaturale oltre lo spazio, la musica come veicolo delle anime, la ricerca dell’armonia) in un’orgia di effetti sentimentali, cromatici e musicali che mescolano senza complessi l’inverosimile e il sublime, il risibile e il geniale, il tutto vivificato da tocchi d’ironia. Un’opera inclassificabile che fu, alla sua uscita, rifiutata dalla critica “seria”, ma che ha oggi la sua corte di ammiratori incondizionati.

Hervé Dumont

Copia proveniente da

Copia restaurata a partire dal negativo originale nitrato Technicolor a tre matrici, con la collaborazione di Republic Pictures