INGEBORG HOLM
Sog.: dall’omonimo dramma di Nils Krok. Scen.: Nils Krok, Victor Sjöström. F.: Henrik Jaenzon. Int.: Hilda Borgström (Ingeborg Holm), Aron Lindgren (Sven Holm), Erik Lindholm (impiegato del negozio). Prod.: Svenska Biografteatern. 35mm. L.: 1326 m. D.: 73′ a 16 f/s. Bn.
Scheda Film
Mi domando se ci sia nessun altro film del 1913 così duro, così definitivo nel suo enunciato sociale, o così moderno nel gesto quanto Ingeborg Holm. Il primo capolavoro di Sjöström è un film cristallizzato e nobile come Ladri di biciclette; è sapiente nella costruzione come un’opera di Mizoguchi, arrivando a mettere in scena una storia crudele quanto quella che ritroveremo in Vita di O-Haru, donna galante – una donna, emarginata dalla società (e a causa della società), viene violentemente separata dal proprio figlio biologico, e può vederlo solo a distanza. Anni dopo, il figlio ritorna dal mare. Porta con sé un ritratto della madre giovane, ma quella che ora incontra è una donna prematuramente invecchiata, rinchiusa in un ospedale psichiatrico… La follia, nel 1913, era già stata mostrata al cinema, ma solo per produrre impressioni forti, mai come la presentazione di un caso clinico. Ingeborg Holm si spinge ancora oltre: presenta a un tempo due for-me di malattia, il caso individuale di una donna sfortunata, punita per le sue modeste origini, e la malattia del corpo sociale. Lo straordinario registro narrativo e compositivo di Sjöström è già tutto qui: un duro e documentato quadro sociale si combina con la rappresentazione compiuta di una vita individuale, penetrando fin nel profondo d’una mente. Nessun altro, nella storia del cinema, era mai arrivato a tanto. Le sue strategie di messinscena padroneggiano l’intera gamma espressiva, dal naturalismo al linguaggio sperimentale, inclusa una sorprendente capacità di assorbire la lezione della miglior letteratura e del miglior teatro dell’epoca. Sjöström è tra i pochi giganti che hanno pienamente integrato il teatro nella propria concezione del cinema, pari in questo a Welles, a Bergman, a Visconti e ai pochissimi altri che hanno saputo usare la comprensione del teatro come fonte di un’espressione cinematografica doppiamente originale.
Peter von Bagh
Nel 1969, a partire da un negativo su nitrato, è stato tratto un interpositivo 35mm del film, che ha generato un duplicato negativo in formato academy nel 1973. Successivamente un taglio di censura considerato perduto è stato ritrovato e inserito nel duplicato negativo, dal quale nel 1986 è stata ricavata la copia di questa proiezione. Le didascalie provengono da una serie completa conservata da Svenska Filminstitutet, e risalgono probabilmente a una data posteriore al 1913